Con la nuova presidenza USA, le imprese italiane del food tornano a guardare senza timore al mercato statunitense. L’Unione europea e gli Stati Uniti hanno concordato di sospendere i dazi reciproci del valore di svariati miliardi di dollari, imposti a partire dall’amministrazione Trump nell’ambito della disputa del secolo sugli aiuti di stato a Boeing e Airbus. La sospensione è di quattro mesi, in un’attesa di accordi futuri gradevoli per entrambi gli attori.
Forte e immediato è stato il feed positivo da parte dell’industria italiana del food, pesantemente coinvolta da queste misure e dai risvolti sull’export dei prodotti italiani negli Stati Uniti d’America. Le eccellenze italiane agroalimentari esportate negli USA sono innumerevoli, quali i formaggi Dop di eccellenza come Grana Padano, Gorgonzola, Asiago, Fontina, Provolone ma anche salami, mortadelle, crostacei, molluschi, succhi e liquori come gli amari le cui esportazioni negli Stati Uniti risultavano già gravate da accise del 25%. A causa della guerra commerciale, i produttori caseari italiani sono stati costretti ad accollarsi dazi aggiuntivi del 25%, oltre a quelli già in corso del 15%, su alcuni dei formaggi più esportati e di maggior valore, perdendo competitività e protagonismo all’interno della variegata distribuzione americana.
Solo nel 2020, il turbolento scenario economico è costato più di 60 milioni di euro di fatturato verso gli Stati Uniti. Gli USA sono una destinazione fondamentale per l’export italiano di formaggi, considerando che l’Italia è il loro primo fornitore estero. Gli Usa sono la prima destinazione extra UE per le imprese del food italiano: nel 2019 valevano circa 38mila tonnellate, nel 2020 sono scese a 31mila. Le vendite sono trainate dai vini, che sfiorano i 5 miliardi di euro l’anno. Recentemente, le tanto attese dichiarazioni rilasciate dal neopresidente Biden su un rilancio del sistema multilaterale di gestione degli scambi commerciali e una riforma del commercio globale hanno suscitato una positività dei mercati e hanno fatto ben sperare i protagonisti delle imprese del food in Italia.
Insieme ai formaggi e agli amari, il vino, l’olio, la pasta, alcuni tipi di biscotti e il caffè sono considerati i simboli alimentari del Made in Italy esportati negli Stati Uniti per un valore complessivo di circa tre miliardi di euro. Il 2020 si è chiuso per gli Stati Uniti con una contrazione del PIL del -3,5 per cento: si tratta del calo più marcato dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, ma comunque migliore se paragonato alle previsioni delle prime fasi dell’emergenza sanitaria globale. Attualmente, l’economia statunitense è tornata a crescere.
In tale scenario di ricrescita delle opportunità economiche si inseriscono gli approfondimenti di Sicindustria, partner di Enterprise Europe Network, che con la società Export Usa, stanno sviluppando un ciclo di sette webinar indirizzati a tutte le imprese che intendono guardare agli USA. La diffusione del virus ha interrotto bruscamente una crescita economica protrattasi per quasi undici anni. Al calo record del secondo trimestre (-9,5 per cento rispetto al trimestre precedente) è seguito un rimbalzo del 7,5 per cento in quello successivo e un’espansione più moderata nel quarto trimestre. Le prospettive per la seconda metà dell’anno 2021 appaino positive e cariche di interesse per le imprese agroalimentari della nostra Penisola.
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