Non sono un fan della Toscana del vino: troppo hype, prezzi alti e poca ironia nella maggior parte dei casi. I “super tuscan” poi, sono, sulla carta, il contrario del mio vedere il vino e la vita. I tagli bordolesi nella terra di Dante, costosi rossi al sapore di rovere, per russi annoiati in vacanza.
A volte però ti ricredi perché, come diceva qualcuno, solo gli ignoranti non cambiano idea. È la vita vera, la sua irriducibile fisicità a farci cambiare opinione sulle cose. E così un vino buono nel bicchiere fa scomparire all’istante preconcetti e ideologie.
Le Cupole 2019 di Tenuta Trinoro è un vino capace di stregare e nel suo essere un classico tende all’eresia. Un vino di ossimori, di poetiche collisioni, di convergenze parallele, si diceva un tempo. Un rubino birbante alla visiva con un naso intrigante, fresco e “legno free”, che non ti aspetti da un’etichetta con su scritto 15 gradi.
Poi è al palato che vince, perché tutti i vini alla fine è da là che si giudicano. E qui brilla di luce propria, originale, senza la prosopopea dei cugini più cari, con la leggerezza intensa di certi dischi di Beatles prima di Phil Spector: un vino fresco, essenziale, magnifico.
Un vino potente ma mai noioso, un vino fresco ma sempre intenso, un rosso dove dinamica e spessore non collidono, ma restano assieme tutto il tempo, come Miles Davis, o cose simili.
Un grande rosso, da amare per ciò che è ora, ma anche per quello che sarà, quando si farà, da grande, in un tempo migliore di questo. Superbo ora nell’ hic et nunc, meraviglioso in prospettiva, quando il tannino si farà più pacato, e la freschezza meno ingenua.
Freschezza, intensità, swing, emozione, tutto quello che si trova in questo vino e in questo pezzo di Miles, che si chiama appunto Milestones. Al sax c’è (ancora per poco) Coltrane, buon ascolto e buon vino.
Lascia un commento