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Ilaria Cocco, quando vino e passione si incontrano in cantina
03 Lug 2021 07:58

Ilaria Cocco è una donna, originaria di Montefalco ma cresciuta a Terni. La storia della cantina Cocco Montefalco parte nel 2008, anche se le radici enologiche della famiglia risalgono al nonno di Ilaria. È proprio questa figura familiare che la spinge a dare vita a l’azienda che porta il suo nome. 

La “giovane ternana” si ricorda bene cosa era il vino per la sua famiglia e soprattutto per il suo nonno. Ereditato un terreno di famiglia, Ilaria dopo studi economici, si getta a capofitto sul vino. Con l’aiuto dei suoi genitori e soprattutto del padre, originario di Montefalco, proprio nel paese che dà il nome al disciplinare, avvia la sua produzione. 

Dalla vigna alla struttura, dalla bottiglia unica nel suo “stile territoriale” al disegno stilizzato, tutto nuovo per la new entry sul territorio enologico per eccellenza umbro. Gli ettari a disposizione della giovane produttrice sono circa 3,5 con una produzione che si attesta intorno alle 10000 bottiglie. La cantina produce 3 etichette: Montefalco rosso, Montefalco Sagrantino secco e Montefalco Sagrantino passito.

“Mi ricordo bene il vino che faceva nonno, la versione passita dell’ormai famoso Sagrantino, ricordo la cera lacca per preparare la bottiglia, pronta per essere regalata”, racconta Ilaria Cocco.  Una data chiave è il 2013, anno del primo Sagrantino. Quest’ultima data, la 2013, è stata presentata nel 2018. Per il Montefalco rosso e per la versione passita, lo scenario si è aperto del 2014. 

La tendenza è botte grande, anche se le quantità prodotte restano sempre una realtà con la quale confrontarsi. Nella filosofia della produttrice non c’è un particolare interesse per il legno, di sicuro non ama la barrique. Per il Sagrantino, Ilaria opta per un 14/18 mesi di legno, poi acciaio e un anno di bottiglia. 

Già dal ricordo del nonno e della cera lacca, la ragazza ternana dalle solide radici che profumano di Montefalco, manifesta un’importante dose di sentimento e filosofia riversata poi nella sua cantina e nei suoi vini. 

L’accoglienza in cantina è fondamentale: “Faccio del tutto per accogliere il più possibile nella mia casa, anche sotto i periodi più importanti per mole di lavoro”. “Le degustazioni le conduco io e non le faccio pagare – spiega – l’ambiente è familiare e non mi sembra il caso, anche se mi hanno consigliato di iniziare a far pagare la degustazione”. 

L’amore per il vino e per Montefalco, alla fine, hanno avuto la meglio sugli studi economici e il marketing. Quest’ultimo però segna in particolare modo la cantina. La forma unica della bottiglia, ad esempio, la rende riconoscibile anche a qualsiasi degustazione alla cieca. Può anche non piacere, ma di certo si riconosce e si rende direttamente individuabile. Negli ultimi anni, Montefalco e i comuni inclusi nel disciplinare, hanno effettuato una crescita esponenziale per cantine sul territorio. Quale miglior modo per distinguersi allora?

I mesi del lockdown sono stati durissimi. I vini dell’azienda non si trovano in GDO e con ristoranti ed enoteche chiuse, non è stato semplice. In questo periodo di riflessione forzata, però, è stato possibile anche allargare gli orizzonti, cosi da approdare anche fuori i confini nazionali ed europei. Dal nord al sud Italia, ma anche negli Stati Uniti e nelle vicine Belgio e Svizzera. Il marchio Cocco inizia ad essere apprezzato anche fuori dall’Italia. L’evoluzione della cantina porterà i propri prodotti in nuovi mercati, grazie anche ad un settore, l’enoturismo internazionale, che a Montefalco fa dei numeri davvero interessanti. 

Sono proprio gli enoturisti stranieri ad apprezzare e ad acquistare dalle proprie terre di provenienza sentendosi coccolati anche a migliaia di km di distanza. Sono appassionati di vino e soprattutto di piccole realtà che chiamerei “chicche d’eccellenza”, come la cantina Cocco, che oltre al vino “vendono” il calore italiano. 


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