Food and beverage, l’export del Made in Italy resiste grazie a pasta e riso

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L’export del Made in Italy nel mondo soffre sotto il peso della seconda ondata della pandemia di Coronavirus. Sembra però che il food  and beverage resista al colpo, soprattutto grazie alla spinta di pasta e riso. È quanto emerge dall’analisi di Federalimentare, su dati Istat, per l’export alimentare italiano nel mondo.

Food and beverage, l’export del Made in Italy resiste grazie a pasta e riso

La crisi economica conseguita al Coronavirus non risparmia nessuno. Anche l’export del Made in Italy nel mondo ne risente. L’analisi, grazie alle esportazioni dell’industria alimentare italiana, fornisce anche un quadro di come vegano recepite le nostre eccellenze all’estero, quali siano i cibi più richiesti e come cambiano le tendenze nel tempo.

Secondo i dati di Federalimentare infatti il food and beverage sopravvive con un debole +0,1% nei primi 10 mesi del 2020 (rispetto al 2019). Un risultato sicuramente migliore rispetto al -12,0% delle esportazioni complessive del Paese. Il merito va attribuito a prodotti versatili ed economici come pasta e riso.

I più tradizionali e economici alimenti della dieta mediterranea aiutano a calmierare il carrello della spesa, con incrementi sui 10 mesi 2020 pari al +15,6% per la pasta e al +12,0% per il riso. Scendono invece i vini (-8,4% in valore) e le acque minerali (-8,5% in valore). Risultato, spiega Federalimentare, dovuto anche al fatto che il canale Horeca è chiuso in tutto il mondo.

In attesa di una ripresa

L’ultima parola non è ancora stata detta. Secondo quanto sottolinea la federazione, infatti, passato questo periodo, la qualità dell’offerta alimentare nazionale aprirà immediatamente nuovi e premianti spazi di mercato, come avvenuto negli ultimi anni.

Basta guardare alle preferenze mostrate dai mercati esteri nei confronti del nostro “food and beverage” nel periodo 2015-2019. Dall’analisi emerge un progresso del +22,1% dell’export del comparto, a fronte del +14,8% delle esportazioni complessive del Paese.

I progressi maggiori risultano appannaggio di acquaviti e liquori (+88.6%) e lattiero-caseario (+38,4%). Seguono molitorio (+29,9%), dolciario (+29,2%) e caffè (+23,3%). Ma c’è un dato significativo. Malgrado la concorrenza, le esportazioni agroalimentari italiane hanno mostrato nel periodo una crescita del valore medio unitario di circa 11 punti percentuali. Significa che i consumatori esteri hanno riconosciuto la qualità dei nostri prodotti alimentari e hanno accettato dinamiche espansive di prezzo per acquistarli.

Ne è un esempio lampante il forte impulso ricevuto dalla Dop Economy, grazie alle grandi produzioni certificate. Il comparto delle Dop italiane ha raggiunto un fatturato nel 2019 di 16,9 miliardi, pari all’8,4% del fatturato agroalimentare complessivo del Paese, equivalente a 202 miliardi (145 miliardi di industria alimentare + 57 miliardi del primario). E sul fronte dell’export, sempre nel 2019, un risultato pari di 9,5 miliardi di euro, pari al 21,9% dell’intero export agroalimentare italiano (43,4 miliardi).

Nonostante ciò il quadro attuale vede un debole incremento del food and beverage Made in Italy del +0,1%. Un traguardo se paragonato al calo del 12% delle esportazioni complessive dell’Italia. Secondo gli esperti, però, a novembre, si dovrebbe recuperare un po’, portando il bilancio degli ultimi 11 mesi a oltre lo 0,1%.

La stima è quindi che l’anno 2020 chiuderà per l’export in sostanziale pareggio. E nel 2021 ci potrebbe essere un netto recupero se – come ci si aspetta – l’Horeca riaprirà e recupererà circa 1/3 di quello che è il suo potenziale. In questo caso l’export del 2021 potrebbe non solo tornare ai livelli del 2019 ma fare di meglio e chiudere l’anno con un +3 punti percentuali rispetto al 2019.

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