Quattro giorni per immergersi a pieno nel clima enologico di Montefalco, con l’ultima data interamente riservata ad operatori del settore. Il Consorzio di Montefalco e tutte le realtà che hanno partecipato all’Enologica Montefalco proponendo attività in cantina o il banco di assaggio, hanno dimostrato l’ennesimo passo in avanti.
Quest’anno la città ha inoltre accolto professionisti anche esterni al mondo del vino, facendoli incontrare con professionisti del territorio. Sto parlando degli eventi che hanno arricchito questa edizione.
Su tutti l’evento di sabato 18 settembre con il giornalista Jacopo Cossater, esperto di vino e sopratutto del territorio enologico umbro. Emozionante la danza dei ballerini Luca Mazzarini e Stefania Bergamaschi sulle note “enologiche” della degustazione. Ogni performance è stata affiancata a una precisa degustazione di vino scelta proprio dal giornalista di Intravino e Linkiesta Gastronomika. Insomma, l’arte a Montefalco è stata nuovamente di casa.
Il 20 settembre, la giornata riservata agli operatori
La tappa di questa giornata ha visto protagonista la città di Bevagna che oltre ad essere all’interno del disciplinare di produzione dei vini di Montefalco, sembra che sia la zona d’origine del Sagrantino.
Tenuta Bellafonte, l’oro nel bicchiere
Il viaggio inizia dalla cantina Tenuta Bellafonte di Bevagna. Tra gli olivi e la vigna, possiamo vedere una struttura nuova, ma allo stesso tempo ben integrata con l’ambiente. I vigneti sono a circa 260/320 metri s.l.m. Gli ettari vitati sono circa 11. Il lavoro in vigna è quanto più possibile rispettoso della stessa. La concimazione avviene con letame scelto da stalle selezionate. Non vengono inoltre utilizzati diserbanti chimici. In cantina il rispetto per il prodotto non scompare. I grappoli selezionati vengono diraspati ma non pigiati. Grazie ad i lieviti indigeni, la fermentazione avviene in modalità spontanea. I vini non vengono filtrati e l’illimpidimento avviene grazie alla decantazione.
Il protagonista della giornata però è un vino: Arnèto. O meglio dire i protagonisti. La degustazione, nella bellissima sala predisposta, prevede l’assaggio delle etichette dal 2014 al 2018. Questo vino è un 100% Trebbiano Spoletino, varietà recentemente riscoperta ma che in questa azienda è stata sempre posta al centro dell’attenzione.
Dopo aver svolto la macerazione fredda sulle bucce, viene inserito in botti di rovere della Slavonia ed inizia la fermentazione. Il tutto rimane sui lieviti per sette mesi. Viene poi successivamente illimpidito per decantazione. Il vino poi per essere imbottigliato non viene filtrato.
Tornando alla degustazione, le 5 annate sottoposte hanno trovato da tutti i presenti un ottimo riscontro. A dominare la degustazione è stata l’annata 2016. Un vino veramente eccezionale. Da aspettare la ’18 poiché questo vino con il tempo può solo che migliorare ed iniziare ad esprimere il suo vero potenziale. Molto interessante è stato anche l’assaggio della ’14. Anche il gentile enologo della cantina che ha partecipato alla degustazione ha condiviso tale affermazione. D’oro il vino nel bicchiere e oro il valore dell’esperienza.
Cantina La Fonte
Dopo l’interessante “bevuta”, rimaniamo sempre in zona Bevagna e ci dirigiamo verso la cantina “La Fonte”. Questa realtà è nata da pochi anni ma già può dire la sua. Sarà sicuramente merito di fratello e sorella, Francesco e Giulia, che mettono tutto loro stessi e l’amore della famiglia nei loro prodotti che non si limitano al mondo del vino.
Nell’azienda agricola producono non solo un ottimo vino con 4 ettari vitati, ma anche un olio strepitoso e lo zafferano. Da applausi la salvia fritta in abbinamento al Bullà, un vino frizzante rifermentato in bottiglia da uve Trebbiano e Vermentino. Altro piatto che ha catturato la passione culinaria dei commensali è stato il crostino con burrata, prosciutto e fichi in accompagnamento del rosato da Sangiovese e Merlot. Bisogna menzionare tra i tanti piatti anche la bruschetta con la barbara in abbinamento al Montefalco Rosso DOC e i tozzetti con il Sagrantino di Montefalco Passito DOCG, autentica espressione di questo vitigno soprattutto a livello storico. (Il Sagrantino nasce nella versione passita, solo successivamente viene introdotta l’oramai famosa e diffusa versione secca.)
“Il Carapace” Lunelli
Scrivere di questa cantina è sempre molto difficile. Da tempo il vino viene considerato un’opera d’arte. In questo caso le opere da ammirare sono molteplici. La struttura è nata dalla volontà della famiglia Lunelli e poi soprattutto dall’ingegno e dalla maestria dell’artista Pomodoro. La storia del progetto nasce dalla filosofia del territorio enologico quale attore inevitabilmente è il Sagrantino.
La forma della struttura, come afferma anche l’artista, ricorda una tartaruga. È il simbolo di longevità e stabilità come la definisce Arnaldo Pomodoro. Questa opera unica e assolutamente inestimabile ha visto 6 anni di lavori affinché fosse realizzata. La bellezza esterna, in questo caso, riguarda anche il fascino interno. Il piano inferiore alla sala principale di accoglienza e degustazione, riguarda la bottaia con varietà estese tra botti grandi, barriques e diversi legni. In questo paradiso sotterraneo maturano solo vini rossi.
L’azienda infatti, fedele all’idea umbra di “rossisti”, ha deciso di dedicarsi solo ed esclusivamente ai vini rossi. Per ora l’idea di avvicinarsi al vino bianco quale per esempio lo storico Grechetto oppure un Trebbiano Spoletino in ascesa non scalfisce l’idea iniziale. La cantina dunque offre una gamma di rossi vasta e fedele.
Partiamo dal Sagrantino passito, storico per tradizione e ovviamente anche la versione secca che in degustazione ha riscosso un interessante successo nella annata 2016. Lasciando le DOCG, troviamo il mondo del Montefalco Rosso e della sua versione riserva ai quali si affigge la DOC. In degustazione, con l’occhio tra l’arte della struttura e le finestre che affacciano sulle colline umbre, sono stati sottoposti ad assaggio quattro prodotti, attenti e decisi a raccontare una idea di territorio.
Il primo in degustazione è il Montefalco rosso 2018 dal nome “Ziggurat”. All’interno troviamo una base di 70% di Sangiovese, con un 15% di Sagrantino e chiudono il pacchetto gli internazionali quali Merlot e Cabernet. La maturazione avviene in barriques e tonneaux, per poi affinare 6 mesi circa in bottiglia.
La degustazione segue con l’annata 2017 e 2018 di Montefalco rosso Riserva. La ’17, complice positivamente qualche mese di più in bottiglia, presenta un naso e una bocca maggiormente pronti alla degustazione. Nel caso della versione riserva, il vino matura in tonneaux e botte grande per poi passare alla bottiglia per l’affinamento di 12 mesi.
Chiude la degustazione il Sagrantino 2016 dal nome “Carapace”, in onore della struttura. Il Sagrantino è tra quei rossi che ama avere tempo per esprimersi. Il riposo in bottiglia è fondamentale. In questo caso infatti minimo 12 mesi. Il legno che vede il vino invece è di botte grande per 24 mesi. Il vino autoctono della zona viene sottoposto a selezione cosi da poter esprimere al meglio il concetto qualitativo voluto dalla direzione. All’assaggio presenta un naso coerente con ciò che ci si aspetta da un Sagrantino con i frutti di bosco che riportano subito a piacevoli ricordi, frutta rossa sotto spirito, liquirizia ma anche note di cuoio e leggera tostatura. In bocca rispetta le attese. Nella 2016 il tannino è ben integrato e avvolgente.
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