Poggio della Dogana, Sangiovesi orgogliosamente romagnoli

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Certe denominazioni nascono con la camicia, mentre altre, al contrario, devono guadagnarsi il favore del pubblico superando le 12 fatiche di Ercole. È questo il caso del Sangiovese di Romagna Doc, una denominazione che paga il fio del paragone, neanche troppo sotteso col vitigno toscano (cloni diversi, sia chiaro), blasonato e noto in tutto il mondo. La Romagna, questo è fuor di dubbio, paga come altri territori italiani lo scotto di aver prodotto in passato vini di bassa qualità, senza essere riuscita a legare il nome del suo vitigno rosso più importante, il Sangiovese, a denominazioni estremamente riconoscibili e importanti. In questo mare magnum per anni, quindi, si sono trovati dei Sangiovese approssimativi e privi di personalità.

Ma non oggi, non più. Sono tante le aziende che stanno lavorando bene, facendo esprimere questo vitigno al meglio delle sue potenzialità, in particolare quando piantato in collina con basse rese. Quell’uva schietta e rustica sa essere anche elegante e ricca di personalità, se messa nelle mani giuste.

È questo il caso dei Sangiovesi di Romagna di Poggio della Dogana, azienda vinicola biologica, che sorge a Terra del Sole, direttamente sul poggio nel quale si ergeva la dogana di passaggio di confine storico, territoriale e culturale tra Romagna Pontificia e Granducato di Toscana. Una realtà giovanissima, guidata dal 2017 da tre amici imprenditori nel campo delle energie rinnovabili, con alle spalle una consolidata esperienza nel settore della finanza: i fratelli Aldo e Paolo Rametta e Cristiano Vitali.

I loro Sangiovesi hanno un carattere snello, fresco ed elegante, dal ricco impatto sapido grazie al terreno da cui nascono, composto da argille brune e ocra, con elementi quali il bromo, lo zolfo e il calcio. Importanti anche le brezze provenienti dalla costa adriatica, a una trentina di km di distanza in linea d’aria, per la sanità dell’uva.

Gli ettari vitati sono venti, nove dei quali a Castrocaro e undici a Brisighella dove si allevano Sangiovese di Romagna e dal 2020 Albana di Romagna.  Nella tenuta si trovano poi degli ulivi e una piccola produzione di miele di Tiglio e Millefiori, curata da un apicoltore locale.

I Sangiovesi:

La conduzione dei vigneti, totalmente in regime biologico (certificata a livello europeo da Suolo e Salute), è affidata all’agronomo ed enologo Francesco Bordini, grande conoscitore dei vitigni romagnoli, noto come il “rivoluzionario del Sangiovese”: la sua missione, da sempre, è quella di accompagnare l’evoluzione del Romagna Sangiovese a gusti più attuali, rispettando la tradizione legata al suo straordinario terroir.

I QUATTRO BASTIONI Romagna Sangiovese Superiore Doc

Rubino. Naso elegante, con bei sentori di sottobosco, spezie, soffi di erbe aromatiche e ricordi agrumati, palato fresco, snello e tannini croccanti. Un rosso dalla meravigliosa beva, che si abbina facilmente a tutto pasto. Il nome è un omaggio agli imponenti blocchi di difesa di Sant’Andrea, S. Martino, Santa Reparata e Santa Maria, voluti da Cosimo I e posti ai quattro angoli della cinta muraria, che racchiude la cittadella di Castrocaro Terme.

 

 

 

 

 

 

SANTA REPARATA Romagna Sangiovese Castrocaro e Terra del Sole Doc

 

 

Un rosso di buona complessità, dal naso di frutta rossa matura, spezie e note floreali di hibiscus. In bocca mixa bene la struttura con la morbidezza, entrambe riequilibrate dalla parte sapida e fresca. Tannino vellutato. Un vino perfetto con le carni rosse.

 

 

Entrambi i vini sono prodotti a Castrocaro Terme in località “le Volture” da vigneti di Sangiovese (cloni romagnoli) di 15 anni di età con 4500 piante per ettaro, allevati a cordone speronato e dislocati a quota 180 metri slm. La resa per ettaro è di 6000 kg/ettaro, ossia 1,2 kg per pianta. Per quanto riguarda la vinificazione, le uve Sangiovese dei differenti cloni vengono raccolte assieme e fermentate in uvaggio. 7mila bottiglie prodotte ogni anno per ciascuna etichetta.

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