Quando si legge la frase “Made in Italy”, ci si può intravedere un “patrimonio” nascosto. In questo messaggio cosi sintetico coesistono un insieme di elementi che esaltano la qualità e l’eccellenza. Un patrimonio che proviene, come in una eredità, da una lunga tradizione del fare artigianale italiano e che si concretizza quindi nel prodotto tramite una eccellente sintesi tra storia, arte e savoir faire.
Tutto queste sensazioni si ritrovano nella ri-scoperta dell’amaro erboristico detto “Orviétan “. Si deve parlare di riscoperta in quanto l’Orviétan storicamente nasce come un antidoto anti-avvelenamento e non come un digestivo. La sua storia documentata comincia nel 1603, per merito di un commerciante, certo Girolamo Ferrante detto l’Orvietano, il quale ottenne la licenza a vendere questo elisir dal comune di Orvieto il 09 giugno 1603 in pubblica piazza che è conservata nell’Archivio Di Stato di Orvieto. Di seguito, ottenne licenze di vendita in diverse altre città.
Con il successo incontrato nelle piazze, la fama di questo elisir raggiunse tutte le città europee. La sua diffusione, “su larga scala” si direbbe oggi, avvenne grazie al venditore ambulante di medicine, tale Cristoforo Contugi.
Entrò anche nella corte francese in quanto il Re Sole, Luigi XIV fu un grande estimatore e consumatore di questo elisir portentoso. Per oltre duecento anni si confermò un grande successo, soprattutto nelle grandi città dell’epoca: Venezia, Roma, Parigi e Amsterdam.
Sì larga la sua fama, che si trova descritto in tante opere letterarie, tra cui il Manzoni, che lo cita nella prima versione dei Promessi Sposi, lo troviamo anche nell’opera di Molière “L’Amour Medecin”, come curare il mal di amore, da Honoré de Balzac nel romanzo Modeste Mignon cita L’Orvietan, così come lo troviamo citato nei romanzi di Walter Scott.
Sempre a proposito de l’Orviétan ha scritto Anton Giulio Bragaglia (I medici di Piazza e l’Orvietano): “Gli orvietani, sempre amanti del teatro nel quale eccelsero ai remoti tempi delle Laudi, vollero prestare al commercio del loro liquore, le farse e i rozzi intermezzi di ballo, coi giochi scenici di saltimbanchi, le trombe e tamburi clamorosi, le orchestrine di ghironde, violini, colascioni, flauti e contrabassi che vediamo nelle incisioni, a luogo delle rustiche, ma assai più diffuse pive, oggi dette cornamuse…..” aggiungendo che “presiedeva alla musica in Parigi, alla corte di Luigi XIII e di Re Sole, un Gustavo Lazzarini, orvietano…”.
Dicevamo della “riscoperta”. Da alcuni anni si è voluto riprendere la produzione artigianale di questo “patrimonio del territorio” per volontà di un altro Orvietano: Lamberto Bernardini. Il tutto però non prima di un lungo studio di documentazione, rintracciando la storia che risale fino al 600’, tra arte, letteratura e farmacopea, grazie anche al prezioso contributo del noto erborista Aurelio Visconti. Degno di nota anche il contributo di Patrizia Catellani e Renzo Console, professori dell’Accademia Nazionale di Scienze, Lettere e Arti di Modena.
La versione “attuale” non è più un antidoto, ma un amaro digestivo. Un amaro che si presenta alla vista denso e dal colore giallo intenso con sfumature verde rame, all’olfatto molto intenso con un bouquet complesso e persistente con freschezza balsamica, al palato caldo travolgente e aromatico con retrogusto amarognolo che permane in bocca a lungo.
L’Orvietan è un prodotto ottenuto dall’essiccazione, dalla macinazione al mortaio e dalla macerazione a freddo in alcool puro (a 96° per ben 20 giorni) delle 25 piante officinali, coltivate in Italia e in Oriente, dal gusto amaricante, digestive e antisettiche. Dopo la macerazione e la filtrazione viene lasciato a riposare nelle botti di legno per un anno. Le erbe utilizzate sono le seguenti: Angelica, Genziana, Carlina, Rabarbaro, Alpinia Officinanum, Cannella, Mirra, Condurango, Ruta, Essenzio Maggiore, Malva, Lavanda.
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