Brexit e pandemia non fermano l’agroalimentare italiano, trend positivo in Gran Bretagna

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Non sono bastate una pandemia e la fuoriuscita dall’Unione europea con la Brexit per fermare l’ascesa dell’agroalimentare italiano in Gran Bretagna. Gli inglesi continuano a preferire i prodotti italiani e lo dimostra il trend positivo delle esportazioni rilevato da un’analisi di Osservatorio Food – centro di raccolta e analisi dati di Food, società editoriale multicanale specializzata nell’agroalimentare italiano.

La Brexit e la pandemia non fermano l’agroalimentare italiano, trend positivo in Gran Bretagna

Non ci sono ostacoli per l’agroalimentare italiano che registra un boom di esportazioni in Gran Bretagna. Né la pandemia di Coronavirus, né la Brexit hanno fermato l’ascesa, a differenza di altri membri dell’Unione Europea. Così il 95% dei britannici sceglie prodotti italiani.

Dal report economico di Osservatorio Food risulta che i Big Retailer hanno un ruolo centrale per lo sviluppo delle esportazioni italiane. Il 95% degli shopper britannici acquista infatti prodotti italiani al supermercato. Sul podio delle preferenze di acquisto ci sono, in ordine, la pasta secca con il 95%, seguita dai sughi per la pasta (67%) e dal formaggio (60%) sul gradino più basso.

LEGGI ANCHE: Agroalimentare, Regimi Europei di qualità: rafforzarne consapevolezza e riconoscibilità nei consumatori

Inoltre, secondo gli analisti, più di due consumatori su cinque comprano prodotti made in Italy anche all’interno di negozi specializzati. Le scelte ricadono soprattutto su prodotti come caffè, vino, prosciutti e formaggi.

Nel 2020- sostengono i ricercatori- le esportazioni italiane di prodotti agroalimentari e bevande verso il Regno Unito hanno raggiunto quasi i 3 miliardi di sterline, registrando, dopo una “flessione nei primi mesi dell’anno, una ripresa e un incremento dell’1,7% rispetto al 2019 e il food in particolare ha segnato +5,37%.” A giocare un ruolo determinante, il fatto che il 66% dei britannici indichi la cucina italiana tra le top tre preferite a livello globale. Si arriva a toccare il 70% se si considerano solo le risposte degli under 55 anni.

 

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