L’agricoltura e lo sviluppo sostenibile in campo energetico al centro della ripartenza italiana. È il pensiero dell’imprenditrice Luisa Todini, che ha presentato a Roma la nuova fase di rilancio della cantina di famiglia, sotto il claim “We are Todini”.
La grande azienda agricola di proprietà della famiglia Todini si estende per circa mille ettari in una frazione di Todi, in Umbria. Un territorio ricco di vigneti con uve locali, come Grechetto e Sangiovese, e internazionali disseminati tra vestigia etrusche e medievali. Un’area venatoria impreziosita dalla presenza di zebre, dromedari, ippopotami, avvoltoi e altri esemplari esotici, per un totale di 47 specie diverse, sottratti al destino del circo.
Una piena ripartenza porta con sé nuove idee da sviluppare. “La produzione media si attesta sulle 250mila bottiglie. Siamo nei mercati esteri per una quota del 65% della produzione ma vogliamo parlare soprattutto agli enoappassionati italiani. L’Italia – spiega Luisa Todini – è un orto, per l’80% si riconosce nella cultura rurale, siamo legati all’attività agricola anche se forse dovremmo uscire un po’ dalla logica degli incentivi per cavalcare l’innovazione e costruire il turismo delle esperienze. E l’attenzione al dettaglio per una ospitalità a 360 gradi è il valore aggiunto di una impresa a conduzione femminile”.
Un marchio che si è fatto spazio nel mondo. “Todi è un brand a sé – dice Luisa Todini -, emozione allo stato puro, ed ha avuto riconoscimenti internazionali per la vivibilità”. Il prodotto di un territorio diventa così un mezzo attraverso cui raccontarlo. “Noi che siamo legati anche col nome a questo territorio vogliamo raccontarlo – spiega l’imprenditrice – attraverso un bicchiere di buon vino, facendo omaggio alla storia e alla qualità italiana”.
La tradizione vignaiola della famiglia inizia negli anni Novanta, col Grechetto impiantato dal padre. Con il tempo la produzione e l’offerta sono diventate più varie. “Abbiamo lavorato sulla fascia premium – spiega Luisa Todini -, vini di pregio che però ho voluto rendere multitasking, da bere dall’aperitivo al pasto. Sul letto di morte voglio – ha ironizzato – una bottiglia di Amarone, ma per i miei vini voglio invece un consumo easy. Per fare impresa nel vino serve passione e profitto. E se uno riesce ad avere lo 0,01% di profitto è molto bravo. Abbiamo cercato di intraprendere la lunga strada dei vini top quality ma anche di fare un vino più pop, contemporaneo”.
Come ogni settore, anche quello dei vini ha sentito il pesante colpo dell’emergenza sanitaria del 2020. “L’emergenza Covid – osserva l’imprenditrice – ci ha insegnato l’importanza di essere anche nella Gdo e avere una gamma di etichette per palati e mercati diversi. La pandemia ci ha insegnato ad essere imprenditori flessibili. E dopo tanti investimenti sul contenuto – e col Laudato 2018 abbiamo trovato la quadratura del cerchio – stiamo studiando il contenitore, un bel packaging. Preferiamo i blend ai vini in purezza per trovare, appunto, bevibilità”.
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