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Etna Bianco, Verdicchio o Meursault per il “Monumento all’Acciuga” dello chef Balistreri
15 Set 2020 08:00

Un classico della cucina palermitana rinasce in una nuova vita. Il “Monumento all’Acciuga” dello chef Maurizio Balistreri è un ricordo della pasta con le sarde. Non una semplice rivisitazione, ma un piatto innovativo, strutturato, legato alla tradizione e moderno al tempo stesso.

Lo chef Balistreri crea dei tortelli di pasta all’acciuga, li adagia su una crema di mandorle calda, che ne sprigiona i profumi. Per richiamare la farcia, una crema all’olio e.v.o. con una spruzzata di colatura di alici. Infine, una panure al finocchietto e la polvere di astrattu, che ancorano il piatto alla tradizione palermitana.

Per un piatto così raffinato vi proponiamo tre vini bianchi di spessore.

“Buonora” Etna Bianco Doc 2018, Tasca d’Almerita – Etna, Sicilia

Un Etna Bianco profondo, e ancor più interessante bevuto oggi a due anni dalla vendemmia. Le uve provengono in parte dal versante nord e in parte dal versante est dell’Etna. La fermentazione e l’affinamento avvengono in acciaio.

Un bouquet che cambia ed evolve nel calice: dal mango alle note sulfuree, dall’albicocca disidratata a note balsamiche, ed un leggero accenno di caramella mou.

In bocca è avvolgente, spiccatamente fresco e di ottimo equilibrio. Emergono sapori di scorza di limone. Ampio, minerale e molto persistente.

“Vigna Novali” Verdicchio Classico dei Castelli di Jesi Doc 2014 Riserva, Moncaro – Marche

Nella zona classica della Doc, l’azienda Moncaro, la storica e grande azienda marchigiana, da vita ad un vino complesso e ricco, che può essere goduto anche dopo alcuni anni. Da uve Verdicchio raccolte tardivamente, e in parte surmaturate con sviluppo di muffa nobile. Dopo la vinificazione in acciaio, matura sulle fecce fini per circa 10 mesi, per una piccola parte in barrique, per poi affinare per 18 mesi in bottiglia. Viene fuori un vino molto profumato, dove spicca la tipica mandorla tostata, accompagnata la note di pera, ananas e miele. Sorso pieno e caldo, dotato di buona acidità e di un lungo finale che richiama i sentori dell’olfatto.

Meursault 2018, Maison Aegerter – Borgogna, Francia

Dalla Côte de Beaune, uno chardonnay in purezza ricco e soddisfacente, che matura in botti per circa 12 mesi.

Albicocche, mandorle, noci e note vanigliate molto intense e intriganti. Il sorso è cremoso, fresco e dal finale lungo. Ottima corrispondenza gusto-olfattiva ed equilibrio.

Perché gli abbinamenti funzionano?

Seppur con caratteristiche differenti e provenienza da territori molto distanti, i tre vini hanno il comune denominatore di un sorso importante e generoso capace di incontrare la ricchezza e cremosità dei Tortelli sulla crema di mandorle. Al contempo la freschezza riesce a sgrassare il palato e complimentare la sapidità di acciughe e della colatura di alici, più spiccata nel Buonora, ove è anche presente la nota sapida. Con il Vigna Novali ci sarà un incontro di sapori e l’esperienza gustativa sarà più opulenta. Mentre con il Meursault, meno complesso e leggermente più sottile del precedente, si creerà un buon equilibrio. Secondo noi l’esperienza gustativa sarà molto sodisfacente qualunque sarà la vostra scelta.

Ricordo della pasta con le sarde

Ingredienti per 4 persone:

Per la pasta
125 gr di farina 00
85 gr di semola
50 gr di uova
60 gr di tuorli

Per la farcia
20 gr di olio evo
70 gr di patate lesse
25 gr di acciughe dissalate
50 gr di fumetto di pesce bianco
½ spicchio di aglio

Salsa di mandorle
150 gr di mandorle
50 gr di acqua
5 gr di mandorle amare
q.b. di fior di sale

Crema all’olio evo e colatura di alici
50 gr di olio evo
10 gr di colatura di alici
q.b. xantana

Procedimento

Per la pasta. Impastare bene le due farine e le uova con i tuorli fino ad ottenere un impasto liscio ed omogeneo, avvolgere con pellicola trasparente e far riposare in frigo per due ore.

Per la farcia. Dissalare bene le acciughe e sciacquarle bene, fare un soffritto con olio evo e aglio, aggiungere le acciughe. Cuocere giusto il tempo che si sfaldano un po’. Togliere l’aglio e frullare con un mixer a immersione. Aggiungere al resto degli ingredienti.

Per la salsa di mandorle. Mettere in ammollo tutte le mandorle nell’acqua per circa 3 ore. Scolare quasi completamente, aggiustare di sale e frullare con un mixer a immersione. Legare con la xantana se la salsa risulta un po’ liquida.

Per la crema all’olio evo e colatura di alici. Mixare il tutto con un mixer a immersione fino ad ottenere una crema liscia ed omogenea.

Confezionare i tortelli di pasta fresca, e metterli di parte. Riscaldare la crema di mandorla senza farla sobbollire troppo. Tuffare i tortelli in abbondante acqua bollente salata e cuocere giusto 2 minuti. Mantecarli con un filo d’olio evo e qualche goccio di acqua calda di cottura.

Assemblaggio del piatto. Dressare la salsa alle mandorle calda sul piatto fondo, posizionarvi sopra i tortelli, mettere dei spuntoni di crema di olio evo e colatura di alici, aggiungere un po’ di polvere di astrattu e della panure al finocchietto selvatico. Guarnire con dei germogli.

Lo chef Maurizio Balistreri

Lo chef Maurizio Balistreri

Per lo chef Maurizio Balistreri il mare è parte imprescindibile dell’esistenza. Vivere su un’isola come la Sicilia gli permette di nutrirsene, di ascoltarla e soprattutto di farsi circondare dal mare.

“È il punto di inizio e ri-inizio della mia cucina”, racconta lo chef. È la fonte prediletta di materia prima, di un dialogo e un patto di cui il padre, prima di lui, fu custode: “Maurizio – gli diceva – valorizza il mare e tutto ciò che dentro di lui vive”. Il km zero di Maurizio Balistreri è fatto di acqua, brezza e salsedine.

La curiosità ha mosso i primi passi di Maurizio Balistreri lontano dalla coste di Palermo, lontano dall’Italia. In Gaetano Trovato ha incontrato tutto quello che la cucina aveva da insegnargli. Sono legati da una origine comune e lo chef ne apprezza l’eleganza, la grazia, la naturalità e l’estrema sensibilità materica.

“Sfiora gli ingredienti e li ama – racconta -. E questo mio stesso amore lo presento oggi con senso estetico perché la forma dei miei piatti non è intuizione, ma disegno e segno gustoso di un aspirante architetto che ha scelto la cucina come officina di una tradizione sperimentata”.


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