

Si conclude oggi, 30 giugno, il progetto InnoNDA. Il progetto, acronimo di Innovazione del nero d’Avola, è stato lanciato nell’aprile 2024 e ha esplorato nuove strategie produttive per vini ottenuti da Nero d’Avola. Stimolante la sfida: affrontare i cambiamenti climatici e il maggiore grado alcolico, così come dare una risposta alle richieste dei consumatori. Conseguentemente, proporre soluzioni innovative e sostenibili, senza mai perdere di vista l’identità territoriale e la personalità del nero d’Avola, il vitigno a bacca rossa più importante e diffuso sull’Isola.
Il progetto è stato guidato da Assovini Sicilia con il supporto scientifico di Daniela Fracassetti e Ileana Vigentini, docenti dell’Università degli Studi di Milano, dei laboratori di Isvea e di quattro cantine, Tenuta Rapitalà, Feudi del Pisciotto, Dimore di Giurfo e Tenute Lombardo. In due appuntamenti, chiamati Giornate di Campagna e orgaizzati presso Feudi del Pisciotto e Tenuta Rapitalà, gli esiti della ricerca sono stati presentati alle aziende siciliane.
«InnoNDA è un progetto di ricerca vitivinicolo complesso – afferma Mariangela Cambria, presidente di Assovini Sicilia – ma anche un esempio concreto di come la collaborazione tra imprese e università possa generare innovazione a beneficio di tutto il settore. Il progetto accende un faro sui problemi che le aziende del vino siciliane potrebbero trovarsi ad affrontare in futuro. Al contempo, suggerisce alcune soluzioni nell’arena competitiva, senza tuttavia tradire l’identità del vitigno».
Sono state sperimentate tecniche per la rimozione dell’etanolo, come l’evaporazione sotto vuoto, l’osmosi inversa e il contattore a membrana, con l’obiettivo di ottenere Nero d’Avola con gradazioni più basse, ma mantenendo qualità e identità sensoriale. La ricerca ha, tra l’altro, evidenziato come i vini affinati in legno mantengano meglio struttura e complessità rispetto a quelli affinati in acciaio. È stato valutato l’impiego delle tecnologie a membrana che consentono di poter limitare la perdita degli aromi fruttati e floreali, restituendo vini equilibrati e piacevoli. La ricerca ha indagato anche il comportamento dei lieviti non-Saccharomyces in combinazione con il ben noto Saccharomyces cerevisiae. Lo studio ha osservato come questi consorzi microbici permettano di ridurre il grado alcolico fino al 2%, migliorando l’intensità aromatica e le note fruttate e floreali, molto importanti per il Nero d’Avola. È stata avviata la ricerca utilizzando la tecnica di Evoluzione adattativa in laboratorio (Ale), che consentirà di selezionare ceppi di lievito (non Ogm) capaci di produrre meno etanolo e più glicerolo, migliorando le sensazioni morbide e rotonde del vino.
Il progetto ha verificato l’impatto della terracotta (anfore vinarie di varie gradazioni di porosità, tradizionalmente realizzate mediante cottura dell’argilla) nella vinificazione. Lo studio ha evidenziato l’efficacia nell’esaltare le note speziate, balsamiche e vegetali. Le macerazioni lunghe, inoltre, hanno condotto a profili particolarmente eleganti e meno amari. Per l’affinamento, l’uso di anfore con diversa porosità ha permesso di ottenere vini maggiormente persistenti, floreali e fruttati, soprattutto se messi a confronto con le produzioni in acciaio.
Il progetto InnoNDA ha mostrato la ricchezza genetica e fenolica del Nero d’Avola siciliano. Le vigne vecchie, rispetto a quelle più giovani, sembrano mantenere un contenuto più alto di acidità e una migliore concentrazione di antociani e flavonoidi, tutti elementi decisivi per determinare colore e struttura, ma anche longevità in un vino. Le fermentazioni spontanee, poi, evidenziano un microbiota ricco, diversificato e legato al territorio. Elementi distintivi capaci di caratterizzare il profilo aromatico dei vini.
«Il progetto – dice Daniela Fracassetti, responsabile scientifica del progetto – ha dimostrato la possibilità concreta di ridurre l’alcol nei vini Nero d’Avola, rispondendo così alla crescente richiesta di vini a bassa gradazione e offrendo una strategia efficace per contrastare gli effetti del cambiamento climatico. L’utilizzo delle anfore si è rivelato adatto alla vinificazione del Nero d’Avola, valorizzandone le caratteristiche sensoriali tipiche. Inoltre, le differenze osservate nella composizione dei mosti ottenuti da vigneti di età e provenienza diverse indicano l’importanza del terroir e dell’età delle viti sulla qualità finale del vino. La combinazione tra tecniche innovative, riduzione del tenore alcolico e valorizzazione delle peculiarità territoriali contribuisce ad arricchire la conoscenza sul Nero d’Avola e a rafforzare l’identità della viticoltura siciliana. Visti i risultati promettenti raggiunti in poco più di un anno di attività, è auspicabile proseguire la ricerca per consolidare e approfondire le evidenze ottenute».
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