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Barone Cornacchia tra innovazione e storia, quando i vini raccontano un territorio
08 Ago 2021 07:36

Il legame della Famiglia Cornacchia con il territorio abruzzese è molto antico. Sono cinque le generazioni che hanno fatto dell’agricoltura e del vino la loro attività economica principale. La storia della cantina inizia precisamente nel 1488 quando il nobile Giovanni Cornacchia acquistò con il consenso del re di Napoli Ferdinando I d’Aragona, i feudi di Poggio a Varano, poggio de la Casa Nova, Torri e Torano Nuovo. Siamo nell’attuale territorio di Torano Nuovo, in provincia di Teramo.

Successivamente, nel 1577, Martino, Vizzarro e Pompeo Cornacchia, acquistarono anche i feudi della ripa di S. Maria a Bolignano, Quatrelle e S. Croce. Alla famiglia Cornacchia venne inoltre concesso il titolo baronale con i compiti che ad esso ne conseguivano. Nel 1861, Berardo Cornacchia, a seguito della caduta del regno dei Borboni e di altri avvenimenti storici, decise di ritirarsi con la sua famiglia nella riserva di caccia nel feudo Casa Nova, alle Torri di Torano Nuovo. In questo luogo vi esisteva già uno stretto rapporto tra l’uomo e il vino, che tuttavia si limitava ad un consumo strettamente familiare. 

È con il barone Filippo Vizzarro Cornacchia, primo della famiglia ad interessarsi alla viticoltura, che iniziano le veri sorti imprenditoriali enologiche della dinastia Cornacchia. Grandissima attenzione riservò al Montepulciano, vitigno re della regione.  Dopo la devastante infestazione della fillossera, fece ripiantare tutti i vigneti su innesti di vite americana continuando ad alimentare il suo progetto vitivinicolo. 

Le innovazioni, gli studi e l’impronta di questa importante figura fece si che la produzione registrasse un notevole rialzò. Questo permise di servire molti punti vendita quali botteghe e osterie dei paesi limitrofi, ma anche di raggiungere la vicina Teramo. L’importante sviluppo portò anche riscontri commerciali quali l’attenzione di alcune imprese vitivinicole del Piemonte che, avanti enologicamente rispetto a tutta Italia in quegli anni, in occasione di una fiera nella vicina Nereto, notarono il Montepulciano targato Cornacchia. 

Fu cosi che gli imprenditori confinanti con la Francia iniziarono a comprare Montepulciano per tagliare alcuni dei loro vini principali, quali per esempio Barbera e Nebbiolo. Tale situazione, che vedeva coinvolta la stazione di Tortoreto, si bloccò con l’avvento della guerra. 

Un’altra figura chiave per lo sviluppo dell’azienda fu Alessandro Cornacchia che, laureato in medicina a Roma, decise di rimanere attaccato alle sue radici portando avanti l’attività imprenditoriale agricola della famiglia. Un momento molto importante della sua direzione fu nel 1966. Questa data segna la fondazione della cooperativa Torri con la prima presidenza che porterà proprio il suo nome. Inoltre fu un precursore del benessere contadino. Infatti sul loro sito internet possiamo leggere che “anticipò la conclusione della mezzadria, fondando l’azienda agricola e convertendo gli ex contadini in salariati fissi senza conflitti sindacali, ma con dialogo e pieno accordo tra le parti.”

La quarta generazione riguarda Piero Cornacchia. Sotto la sua direzione l’azienda si ingrandirà, si rinnoverà e il brand Cornacchia approderà negli anni ’70/’80 nei mercati europei ed americani proponendo i propri prodotti enologici. Negli anni ’90 arriverà anche lo sbarco nel mercato giapponese. Tra il 1990 e il 2010, estende la proprietà ed i vigneti acquistando nuovi terreni. Oggi l’azienda è guidata da Filippo e Caterina Cornacchia che, dopo dieci anni di lavoro in azienda, nel 2016 ne assumono la direzione. 

L’azienda

Come viene spesso specificato dai due fratelli, la vendemmia viene svolta in maniera manuale, selezionando in vigna le migliori uve soggette poi a vinificazione. Questa attenzione permetterà poi di far arrivare in azienda un ottimo prodotto da poter trasformare in ciò che l’azienda vuole proporre: qualità e attenzione. 

Appena giunti in cantina, visitandola, si può notare un’attrezzatura innovativa e all’altezza di una cantina con la C maiuscola. Caterina mi spiega che, anche sotto la direzione del padre, la cantina è sempre stata molto attenta alla tecnologia e alle innovazioni. Questa attenzione alle innovazioni però non fa mai perdere di vista la lunga storia che la cantina può vantare, rendendo onore cosi a una tradizione solida e preziosa. 

Inoltre le scelte aziendali sono sempre dettate da una particolare attenzione alla sostenibilità. L’azienda e i loro prodotti sono certificati biologici, ma l’ambiente e la salute del consumatore sono sempre al centro delle scene aziendali.

Gli ettari della cantina sono circa sessanta, la maggior parte sono allevati a Montepulciano dando vita a diverse linee del rosso re dell’Abruzzo oltre che al Cerasuolo d’Abruzzo. Seguono Trebbiano d’Abruzzo, Passerina, Pecorino per la bacca bianca e gli internazionali a bacca nera che riguardano Merlot e Cabernet Sauvignon. L’azienda si articola in sette vigneti, ognuno di essi differente e in alcuni casi unico per la produzione. 

Accoglienza e degustazione

L’accoglienza che Caterina offre nella sua cantina è veramente notevole. Attenzione, precisione, oltre che amore per la sua terra e attività. In un antico locale della cantina, ornato di ceramiche preziose, bottiglie storiche e ulteriori utensili pregiati, degustare vino è sempre un piacere doppio. L’esperienza enologica viene affiancata da prodotti locali offerti da produttori del territorio. Formaggi, salami, prosciutti e le bruschette con un buonissimo olio prodotto dall’azienda, accompagnano in maniera magnifica i prodotti enologici. 

I vini in degustazione sono stati quattro. Il primo ha visto protagonista il vitigno a bacca bianca per eccellenza della regione: il Trebbiano. In questa versione superiore, il Trebbiano d’Abruzzo 2020 ha espresso piacevolezza, freschezza e una buona acidità. Fiore bianco e frutta a polpa bianca sono evidenti al naso.

Discorso diverso per quanto riguarda la degustazione del Trebbiano macerato 2019. In questa sorprendente deviazione, il vino presenta un naso e un gusto maturo. Molto interessante il sentore di frutta matura quale mela e albicocca ma anche un delicato miele. Veramente una bella interpretazione. 

Gli altri due assaggi riguardano due fra i più importanti vini dell’azienda. Il primo dei due rossi, o meglio dei due Montepulciano degustato è il “Vigna le Coste”. Questa etichetta, una riserva dell’azienda, proviene da una unica vigna. In degustazione la 2016, rivoluziona il concetto di Montepulciano. Caterina assicura che è il suo preferito. Esprime i classici sentori del vitigno in questione, ma con una eleganza e con una cremosità veramente sorprendente. Data la sua eleganza ed equilibrio si abbina bene a un panorama ampio di preparazioni gastronomiche. Matura per 18/24 mesi in botti di rovere di Slavonia con 6 mesi di affinamento in bottiglia. Quest’ultimo passaggio lo condivide anche con il prossimo vino.

L’ultimo vino in degustazione è la DOCG Colline Teramane “Vizzarro” 2016. In questo caso, il vino matura in barrique per 30 mesi. In degustazione il legno non sovrasta il vino come in molti casi, ma risulta integrato e coerente con il prodotto che dal precedente si distacca per potenza e severità. Frutta matura e pepe nero nel bicchiere aprono la strada ad un gusto che conferma le attese. Potente con un tannino levigato bene si consiglia di abbinarlo con selvaggina o formaggi che presentano una bella stagionatura.

La degustazione e la bellissima esperienza in cantina si concludono con il caldo sorriso di Caterina che invita ad una nuova visita in questa azienda ricca di storia.


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