A pochi giorni dalla giornata delle stelle, quella che ogni anno annuncia le stelle presenti nella Guida Michelin, eccoci a fare due chiacchiere con uno dei nuovi due stelle italiani: Michelangelo Mammoliti.
Giornata intensa, emozionante, ricca di sentimento quella trascorsa a Piacenza, al Teatro Municipale, tra grandi riconferme, qualche sorpresa e perché no, qualche delusione.
Ma noi qui vogliamo parlare di successi, di gioia e di alta professionalità.
Sì’,perché il giovane chef di origini piemontesi, di Giaveno, di strada ne ha fatta dopo aver girato il mondo, a casa dei maggiori maestri, è approdato a La Madernassa di Guarene dove, dopo due anni e mezzo di intenso lavoro, ha ottenuto la prima stella, ed ora, dopo altri tre anni di sempre più intenso e attento lavoro, è arrivata la seconda.
Lo abbiamo incontrato, a pochi giorni dalla nomina, per far sedimentare l’emozione e avere un commento più “razionale”, se di razionalità si può parlare quando ci si cuce addosso la seconda stella!
Michelangelo, a pochi giorni dalla notizia della seconda stella, da quella gioia immensa sul palco di Piacenza, quali i sentimenti e le emozioni adesso?
La sensazione di adesso è di fortissima responsabilità. Verso i clienti, verso la mia brigata e verso tutta Italia. E’ una guida vista a livello mondiale, e se su questo non mi aveva spaventato tanto la prima stella, questa seconda sì, mi pone in una posizione di grande attenzione. La mia brigata in particolare la sento molto vicina e anche molto “spaventata” da questo traguardo e punto di partenza, quindi di sicuro ho un forte senso di responsabilità nei suoi confronti. E conto di mantenerlo!
Cosa cambierà nel menù con la seconda stella?
Assolutamente nulla. Proseguiremo con quello che sto facendo. Andrò avanti con la mia linea, migliorandomi ogni giorno, cercando di avere sempre qualcosa di meglio da proporre, mantenendo il prodotto vegetale come fondamentale nella mia cucina.
Bici e cucina, le due grandi passioni: due realtà separate?
Quando vado in bicicletta cerco di staccare totalmente dalla routine, e cerco quindi di fare il vuoto in testa, per quei 70 chilometri che mi dedico.
In mountain bike invece è più facile che, essendo a contatto con la natura, mi venga qualche idea di piatto vegetale. O questo legame fortissimo con la montagna, mi capita che se passo in un punto con pini, con profumo di sottobosco, con foglie di castagno, ecco li può essere che mi nasca un’idea, ed è successo! In generale comunque la lampadina su qualche nuovo piatto si accende quando sono tranquillo, in montagna avvolto dai profumi e colori della natura.
Come pensi i tuoi piatti?
Li penso in funzione ad uno studio che sto facendo in modo molto approfondito con una terapeuta, psicologa, con la quale abbiamo impostato un lavoro di neuro gastronomia. Studiamo i piatti in base a delle azioni che induco nelle persone o attraverso delle linee di memoria che voglio ricreare in un piatto, attraverso sapori, racconti, tradizioni che mi porto dentro.
Quindi tutta la creazione dei miei piatti è legata ad uno studio ben preciso, ogni singolo piatto è collegato ad una emozione mia, che poi voglio far arrivare a chi si siede alla mia tavola.
Tante altre curiosità dalla chiacchierata con lo chef e dall’assaggio dei suoi piatti … ne parleremo a lungo!
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