Lo champagne nell’era di Instagram è più un gadget strappa like, un vino che più che generare emozioni genera engagment. Insomma, non è più un vino per emozionarsi ma per farsi fotografare mentre lo si beve. Lo champagne oggi è uno status symbol liquido, ma forse lo è sempre stato fin da quando esiste: prima dei social, prima di Balenciaga, di Margela e dei Macbook.
Eppure ancora oggi, quando ne apri uno buono, capisci perché questo sia il vino per eccellenza. Sì perché, al di là di tutti i discorsi di moda, di status e di tutto quanto, lo champagne rimane e sempre sarà un’emozione liquida: l’unico liquido al mondo in grado di scuotere le corde dell’anima che vibrano più di rado.
Con lo champagne Charles Heidsieck Brut Reserve siamo a Reims la capitale: quello che per New Orleans è per il jazz, Reims lo è per lo champagne. È il regno del pinot nero, ma questo è un assemblaggio delle tre uve dello Champagne: Chardonnay (34%), Pinot Nero (33%), Pinot Meunier (33%). Come recita uno dei motti della Maison, in più, c’è “il tempo” che è il quarto vitigno (ma questo è vero per quasi tutti i grandi Champagne).
Questa è una bolla da jazz, tesa con momenti di calma, a tratti esotica al naso tra mango e altre dolci delizie. Profondo, intenso ma mai troppo assertivo: è uno Champagne che fa della profondità e dei chiaroscuri la sua forza. Un vino che procede per scatti e per scarti sul palato, che non si lascia mai capire fino in fondo e che apre in modo rustico per poi chiudere elegantemente (con una intensità che alcuni potrebbero scambiare per scompostezza).
A me ricorda il secondo Coltrane, che troppi bollarono agli inizi come poco preciso, nasale, disordinato e invece era poesia… Non per tutti, anche se dovrebbe, da bere sentendo Afro Blue, live at Birdland.
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