Si mira alla realizzazione di una birra dall’inconfondibile sapore sardo e attenta all’ambiente. Sardegna Ricerche ha studiato e promosso il progetto Bi.Ar. per trasformare gli scarti della birra artigianale sarda in energia a basso costo e fertilizzanti.
Sono ben 34 le imprese della Sardegna, tra aziende agricole e birrifici, che hanno aderito al progetto Bi.Ar. Gli esperti della Porto Conte Ricerche di Alghero, dell’Università di Sassari e della Sotacarbo di Carbonia stanno lavorando per dare loro delle risposte. L’obiettivo è quello di realizzare una birra artigianale sarda e produrre energia a basso costo e fertilizzanti dagli scarti.
“Sardegna Ricerche investe importanti risorse per finanziare progetti cluster che partono dalle esigenze di innovazione del mondo produttivo – sottolinea la commissaria Maria Assunta Serra – Agrifood con la nostra società Porto Conte Ricerche trovano un supporto scientifico e tecnologico di eccellenza che, in sinergia con l’università, porta le imprese sarde a importanti salti di qualità indispensabili per competere in un contesto economico sempre più specializzato”.
La prima fase di Bi.Ar. si è concentrata sulla selezione di varietà locali di cereali e orzi adatti alla produzione dei malti. L’obiettivo è quello di creare un sapore sardo, senza confusione con altre birre. Ad Alghero si lavora anche sulle fruit beer, in particolare sulle qualità dell’albicocca “busucciu”.
Il progetto cluster Bi.Ar. si propone di migliorare le caratteristiche delle birre e la loro shelf life, trasformando gli scarti in risorse. Il percorso riunisce 34 imprese sarde e 4 enti: Sardegna Ricerche, Porto Conte Ricerche, l’Università di Sassari e Sotacarbo.
In cantiere ci sono anche nuove tecnologie capaci di ridurre il consumo energetico. Criticità significative per i birrifici che ogni anno devono smaltire fino a 36mila kg di trebbie, lo scarto più consistente nella produzione della birra.
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Potrebbero diventare un fertilizzante adatto anche all’agricoltura biologica, per un’economia circolare dall’alto valore aggiunto così come dimostrato dai microbiologi dell’Università di Sassari. Questo tipo di scarto ha anche un’altra strada: possono essere trasformate in un bio-carburante capace di sostituire il Gpl oggi utilizzato per alimentare le caldaie indispensabili nel processo di produzione della birra.
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