Terre Silvate 2019, un verdicchio “integralista” firmato da La Distesa

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Il verdicchio, ben fatto, è uno dei migliori bianchi non solo italiani, ma del mondo. Le Marche sono un po’ la Loira italiana, un posto contadino ad alto tasso di poesia e vini buoni che costano il giusto.

Castelli di Jesi o Matellica, il verdicchio è diviso, anche in modo un po’ futile, alla fine tra le due Doc: non cambia granché, se non la politica. La doc Matellica la volle Enrico Mattei, se non sapete chi è oltre a wiki vi consiglio un film molto bello di Francesco Rosi che potete trovare su Rai Play.

Questo vino è IGT. Non interessa tantissimo e credo che una delle cose che non ci mancherà dal mondo “prima” sono le doc, le classificazioni, le divisioni. Torneremo ad abbracciarci, tutti, senza bisogno di tassonomie.

Ma veniamo al vino, che è sempre l’unica cosa che conta. Nella vita, intendo. Cupramontana, non certo luogo di eno-pellegrinaggi, diciamo che è un pelo meno famosa dello Chablis. Luogo di eremiti più che di pellegrini. Uno di questi è un ex bocconiano, Corrado Dottori, winemaker sublime. Scrive anche libri sul vino che flirtano, poetici, con l’antropologia, la filosofia e tutte quelle cose che rendono la vita bella oltre all’alcol.

Ed ecco Terre Silvate 2019. Un vino drammaticamente integralista in vigna e in cantina. Fermentazioni spontanee, la lingua della terra, senza chiarifiche filtrazioni, bugie. Lo vedi subito nel bicchiere, lo senti al naso bucolico, libero, leopardiano, poeticamente realista tra richiami di campi, erbe e le classiche mandorle tipiche di questa varietà.

In bocca è ricco, succoso, materico, (non Matellico). La mandorla che torna nella retro-olfattiva, una rotonda freschezza di gioventù. Ha tutte le carte in regola per essere un artista, cantava qualcuno. La lunghezza dei grandi vini, il prezzo di quelli medi: un vino di cui innamorarsi e di cui godere certe sere d’inverno, aspettando che finisca un’epidemia.

Un grande bianco italiano di cui si parla troppo poco questo verdicchio Igt che sembra un Cru e che dalle colline di Ancona ci parla di un mondo, migliore, più giusto, possibile. Lo abbino con un pezzo francese dal titolo ottimista “La vita Nuova“: bucolico e poetico come questo bianco da un mondo migliore. Lei si chiama  Héloïse Letissier che quando canta diventa Christine and the Queens.

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