Come ogni anno a settembre arrivano le guide del vino, i premi e le cicliche polemiche su esclusioni (o inclusioni) più o meno eccellenti. L’ultima in ordine di tempo è quella del Gambero Rosso.
Partiamo da una triste premessa: le guide del vino non le legge nessuno, o almeno nessuno sotto i quarant’anni che non sia pagato per farlo. E questo perché sono oggetti, tristi che nascono vecchi e che usano un linguaggio che sa di anni ’80. Non sono mai cambiate.
Di seguito ecco altre tristi osservazioni:
-Le guide del vino sono scritte da maschi bianchi di mezza età, il mondo è andato e sta andando, sempre di più in un’altra direzione. Per fortuna;
-Le guide del vino rispecchiano quindi un mondo del vino per maschi bianchi di mezza età: vini concentrati, affinati in legno, costosi e poco divertenti;
-Le guide del vino basano i loro giudizi spesso su assaggi dalle vasche che non sono spesso la fotografia veritiera del vino che verrà. È come innamorarsi di una donna vedendola dall’ecografia dentro sua madre;
-Le guide del vino danno spazio, nella maggior parte dei casi a cantine medio grandi, spesso con poca attenzione alla sostenibilità ambientale e che molte volte si avvalgono dell’utilizzo di pratiche enologiche invasive e spersonalizzanti;
-Le guide del vino preferiscono un vino enologicamente perfetto e ucciso dalla chimica a un vino meno perfetto ma più territoriale e che racconta insomma una storia;
-Le guide del vino premiano bene o male, tutti gli anni, sempre le stesse cantine. Mi chiedo dunque perché spendere soldi ogni anno per non scoprire quasi nulla di nuovo;
Ora però veniamo alle polemiche sui tre bicchieri in Sicilia. Gli unici che spostano le bottiglie in questo “game” sono i meno pagati e i più vilipesi: i sommelier. Ma non è questo il luogo per parlarne. Al di là delle singole cantine presenti dentro quello che è (era) l’ambito palmares dei tre bicchieri del gambero rosso in Sicilia, le considerazioni sono poche e semplici:
-La scelta delle cantine è talmente nuova e spiazzante, da suscitare come emozione massima uno sbadiglio;
-Alcuni (maschi bianchi di mezza età) hanno polemizzato sul fatto che molti dei premiati sono vini dell’Etna. Queste persone dimenticano che non esiste un manuale delle uve. Quindi se premio un nerello non devo per forza premiare un perricone o anche un frappato. Tutto dipende se ce ne sono di buoni. La diversità è ricchezza solo se davanti c’è il suffisso bio;
-È Assodato che l’Etna sia per ora l’unico territorio in grado di portare numeri, hype e plus valore. Naturale quindi che una guida e una testata fortemente market oriented come il Rosso premi il suo “best Employee”. Nulla di strano;
-La guida del Gambero Rosso ha ancora una idea del sud coloniale e nord oriented. Vede infatti come ricchezza il fatto che la Sicilia attiri capitali e professionalità da fuori premiando di fatto un neocolonialismo che siamo felici stia finendo e che non rimpiangeremo (tranne che le guide). Credo che la Sicilia possa esportare knowhow enoico e capacità agronomiche in tutto il mondo. È in ragione della sua gente e delle sue professionalità autoctone (come i vitigni) che è diventato uno dei territori più vivaci e divertenti del panorama enologico mondiale e non certo per il contributo di enologi che arrivano in aereo due volte l’anno a lavorare su vitigni di cui non sanno e non vogliono sapere la storia e le peculiarità;
-Fuori dalle guide, la Sicilia (come tutte le altre regioni italiane) è piena di vini bellissimi e vibranti, fatti in armonia con l’ambiente e che non stancano la bocca e il corpo, che vengono bevuti da gente sotto i trent’anni che ancora si innamora, sogna e si diverte;
-L’unica giuda che consiglio, a tutti, di comprare è quella Galattica per autostoppisti.
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