Piadina romagnola IGP: storia dello street food romagnolo d’eccellenza

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Quando si dice Romagna si pensa subito alla piadina romagnola, inizialmente chiamata “piada” e da cui è derivato il diminutivo “piadina”. Con questo nome si identifica quello che era il pane nella zona romagnola da diversi secoli, cotto in passato sul “testo”, un’apposita pietra posta direttamente sulle braci ardenti, e cotto oggi su una teglia (“teggia” in romagnolo) o su piastre di metallo. La piadina oggi rappresenta una delle colonne portanti della cultura gastronomica romagnola e ne esistono numerose tipologie. Questo prodotto infatti è talmente famoso, in Italia così come all’estero, che le idee originali per piadine farcite sono ormai innumerevoli e sempre più innovative. 

L’unica puntualizzazione da fare è quella tra Romagna alta e Romagna bassa. Nel primo caso, da Santarcangelo a Cesena e Ravenna, si mangia la “Piadina”; nel secondo caso, da Rimini a Cattolica, si mangia la “Piada”. La differenza in realtà è molto semplice: la piadina riminese risulta leggermente più spessa grazie all’aggiunta di un pizzico di bicarbonato. Andiamo a vedere qual è la storia di questo famoso pane, che nei secoli è riuscito a emergere diventando un prodotto a marchio IGP.

Le origini della piadina romagnola

La piadina è un prodotto alimentare formato con la sfoglia di grano, strutto o olio di oliva, bicarbonato o lievito, sale e acqua. Rientrando in quelle che in passato venivano chiamate “focacce azzime”, la sua vera storia comincia prima dell’avvento dell’impero romano, quando gli Etruschi insegnarono alle popolazioni del centro Italia a cucinare i cereali. Sebbene durante l’impero romano fece la sua comparsa il pane lievitato, riducendo notevolmente la diffusione delle piade azzime, la coltura dei cereali rimase sempre un elemento fondamentale della produzione agricola. 

Fu intorno al 1300 che la classe più povera, a causa della peste e dei rincari sui cereali, tornò a consumare polente e focacce azzime prodotte con un misto di cereali meno pregiati e quindi più economici. È a questo periodo che risale il primo documento storico che testimonia la “Piada”, all’interno della descrizione della Romagna del Cardinale Angelico (1371). Per diversi secoli in Romagna la preparazione della piada rimase relegata alle classi più povere, fino ad arrivare al Novecento dove si vide un grande rilancio del prodotto.

Si diffuse rapidamente nelle famiglie per la semplicità dell’impasto e la possibilità di condirla con prodotti della casa, come salami, salsicce e cavoli lessati.

La piadina romagnola oggi

Fu proprio negli anni ’40 e ’50 che la piada cominciò a conquistare anche i turisti che venivano in Romagna. Divenne presto un tipico piatto da street food romagnolo, distribuito in chioschi sempre più presenti lungo le strade che portavano al mare o ai luoghi turistici, identificando la piadina romagnola con le vacanze e il mare, sia in Italia che all’estero.

Oggi la sua produzione è talmente diffusa che sono poche le case dove ancora si stende la piada a mano, ma i chioschi che la producono e la servono all’aperto sono ancora tantissimi. Veloce da preparare e versatile nella farcitura, è ormai uno dei cibi più utilizzati e apprezzati in Romagna. 

Oggi la piadina è entrata nella cucina stellata grazie a grandi chef che hanno proposto negli anni abbinamenti insoliti e intriganti, sempre a partire dai prodotti locali.

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