Verlan, l’arte di ottenere nuove parole invertendo le sillabe, è molto in voga non solo nelle banlieue di Francia, ma anche nel mondo del vino. Nasce così il nome di questo pecorino in purezza, Onirocep, nato quando la doc Falerio non esisteva e non si poteva scrivere il nome del vitigno in etichetta.
Tante cose sono cambiate da allora. La doc ora c’è e nessuno si sogna più di definire il pecorino un vitigno minore. Parliamo di un bianco che sembra più di ogni altro vitigno della “new wave autoctonista“, contemporaneo.
Fresco ma succoso, dinamico ma mai troppo skinny, il pecorino ha tutto quello che si chiede ora a un bianco italiano capace di accontentare il popolo dei vinoveristi dei bistrot e la ristorazione tovagliata. Territoriale ma non oscuro, vibrante ma mai sovversivo: in poche parole tutto quello che il PD vorrebbe essere.
Sia chiaro, non tutti i pecorino sono buoni come questo. Questo Onirocep 2021, anche in una categoria in cui vini buoni o molto buoni non mancano, spicca (e di tanto) sugli altri.
Non è la complessità olfattiva che vi farà innamorare di quest’uva ma un bellissimo e freschissimo naso tra agrumi e frutta bianca dolce, pera Williams su tutti. Al palato risulta un vino di raro swing, una trama sapido-salina da beva compulsiva, una lunghezza stile Xí Jìnpíng: in poche parole un grande bianco italiano.
Io lo berrei con Wet Dream dei Wet leg. Il pezzo è semplice, rinfrescante e magnifico come questo vino.
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