Su un Etna in cui, sempre più spesso, tutti usano gli stessi lieviti, gli stessi enologi e gli stessi filtri per promuoversi, i vini Ayunta riescono sempre a distinguersi. Di Navigabile ne scrissi anche in un blog (esistevano, giuro). Un vino nato per durare e per viaggiare, a partire dal nome. Fortificato da sé stesso, dalla sua spalla acida, dal suo calore che non si fa mai stanchezza, dalla sua eleganza che non si fa mai maniera. Un vino che emoziona senza blandire: insomma, tutto il contrario di un disco di Ultimo.
Un uso del legno che ha a che fare con la storia etnea. Legno grande e mai nuovo, che evita certi effetti neoclassici restando alieno ai legni piccoli e nuovi che ormai si sprecano negli autoproclamati cru dei new comers: vini che dopo solo una vendemmia vengono proposti a prezzi da oligarchi.
Navigabile è un rosso dell’Etna che, come nei casi migliori (per fortuna ce ne sono), tiene assieme eleganza e calore, freschezza e avvolgenza, mantenendosi “in equilibrio sopra la follia”. Se l’ingresso è di rara intensità e calda sostanza, il finale è futuribile e futurista: di persistenza quasi democristiana, di freschezza e acidità ancora (post) adolescenti.
Da bere ora per quello che è già. Definirlo solo un grande Etna rosso sarebbe riduttivo, parliamo solo di un grande vino rosso, period. Da bere ascoltando un pezzo di un parente stretto del winemaker, che non a caso si chiama Feel so Good.
Le nuove frontiere sono sostenibilità, biodiversità, enoturismo, ricerca e innovazione
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