L’aperitivo si rinnova in stile italiano, è a bassa gradazione e frizzante

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Un nuovo trend nel modo di fare l’aperitivo. La bella stagione è ormai arrivata all’insegna della ripartenza. Bar, pub e ristoranti hanno finalmente riaperto dopo mesi di chiusure a causa del Coronavirus e cambiano le tendenze in fatto di cocktail.

L’aperitivo si rinnova in stile italiano, è a bassa gradazione e frizzante

Le misure restrittive per contenere i contagi di  Coronavirus hanno inciso anche sulle abitudini degli italiani. Con bar e pub chiusi, l’aperitivo si è spostato all’interno delle mura domestiche con con soluzioni “ready to drink”, spesso lontane dalla  mixology professionale.

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Intanto, secondo quanto riporta Alessandra Moneti sull’Ansa, la bella stagione si apre con novità all’aperitivo. I grandi classici del bere frizzante, i drink Bellini, Puccini, Rossini, Mimosa, Tintoretto, Raspini, sono stati ripensati dal barman-imprenditore Giancarlo Mancino nel progetto “Ready to Drink”.

Il progetto è già stato esportato in 20 Paesi e mira anche a presentare in chiave contemporanea produzioni un po’ dimenticate. “Il mio intento – precisa Mancino – è quello di far riscoprire i cocktail italiani frizzanti che via via andavano perdendosi. Nel realizzarlo ho avviato un ammodernamento del prodotto finale, scegliendo anche nuove tecniche di produzione sostenibili e cruelty free”.

“Ecco perché – continua – amiamo parlare di “rimasterizzazione”, perché abbiamo pensato a un prodotto che potesse riportare in vita una categoria di bevande dimenticate inserendosi nelle sue nuove tendenze: frizzante, pronto da bere, poco zuccherino, vegano, bassa gradazione alcolica, fruttato, innovativo eppure classico.  Alcuni dei “Sei Bellissimi” saranno disponibili anche in versione analcolica, come per esempio il primo nato della famiglia, che prende il nome di BelliNO. Questo viene ricavato dall’unione del mosto d’uva Moscato alla purea di pesche”.

Proprio il BelliNO è stato tra i partner dell’ultima edizione della Asia’s 50 Best Bars ad ulteriore conferma di un trend – quello del low/no alcohol – che si sta sempre più affermando a livello globale.

Una nuova vita per la birra artigianale

La nuova tendenza in fatto di cocktail vede il moltiplicarsi di drink già pronti a bassa, se non zero, gradazione alcolica. Anche la birra artigianale si lancia nel mondo dei cocktail. E’ il caso, per esempio, dei sei “Italian craft cocktail” lanciati dal piemontese Teo Musso. Si tratta di classici della miscelazione con ingredienti innovativi riconducibili alla filiera Baladin.

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“Può essere servito con dignità – ha detto Michele Marzella barman di Affini a Torino – come un drink fatto bene in locali non incentrati sulla mixology, o bevuto a casa aggiungendo ghiaccio in un bicchiere oppure direttamente dalla lattina”. “Con basse calorie e senza coloranti vogliamo andare incontro – ha concluso Musso – ai consumatori che apprezzano emozioni a basso grado alcolico. Un risultato che è frutto di ricerca, sperimentazione e tanti anni dietro al bancone, con la responsabilità di far star bene e far bere moderato”.

Non chiamatelo “vino” se è senza alcol

Immagine da Pixabay

Intanto un dibattito aperto in sede di Unione Europea spacca l’universo dei produttori di vino. Da un lato ci sono  i difensori della tradizione enoica di qualità certificata. Dall’altro coloro che intravedono una nuova nicchia di mercato per le produzioni made in Italy ma “a rischio- secondo Unione Italiana vini- per confusione e demagogia”.

Di fronte a questa problematica, la filiera si mostra compatta. Aci – Alleanza delle Cooperative italiane, Assoenologi, Cia, Confagricoltura, Copagri, Federdoc, Federvini e Unione Italiana Vini infatti fanno fronte comune. Insieme, in una lettera al ministro delle Politiche agricole, hanno sottolineato in questi giorni che “i prodotti totalmente dealcolati avrebbero dovuto contemplare il termine “bevanda” in luogo di vino”.

Nella lettera, la filiera chiede che questi prodotti, pur inquadrati nell’ambito del Regolamento Ocm, siano classificati come nuove categorie e non come termini che accompagnino le categorie esistenti. Mentre secondo l’enologo senese Jacopo Vagaggi “il vino dealcolato è diverso ma non una minaccia, piuttosto un mezzo che può creare nuove possibilità di mercato”.

 

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