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L’agroalimentare spacca l’Italia, il bilancio commerciale 2020 tiene solo in metà delle regioni
05 Ago 2021 08:00

La pandemia non spaventa il settore dell’agroalimentare italiano che tiene nel 2020. Calano del 4,7% le importazioni, mentre le esportazioni crescono dell’1,3%.  Un bilancio commerciale che segna un aumento di +2,6 miliardi ma che riguarda solo la metà delle regioni d’Italia.

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L’Italia è spaccata dal bilancio commerciale 2020 dell’agroalimentare. Secondo il Rapporto 2020 sul commercio con l’estero dei prodotti agroalimentari del Crea i dati sono positivi. Si recupera il pareggio del 2019, raggiunto dopo un deficit di 5 miliardi risalente a 5 anni fa, e si rilancia con un +2,6 miliardi.

Le importazioni calano del 4,7% mentre le esportazioni crescono dell’1,3%, sfiorando per la prima volta quota 45 miliardi di euro, sebbene con andamenti molto differenziati a livello merceologico.

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Maggio è stato il mese più colpito dagli effetti del Covid, sia per l’import che per l’export agroalimentare, ma già da giugno il settore ha reagito. Le esportazioni, infatti, sono tornate in linea con i dati del 2019, mentre la flessione delle importazioni si è attenuata.

Analizzando i settori merceologici, a trainare l’export Made in Italy sono stati prodotti come la pasta, le conserve di pomodoro e l’olio di oliva. Diminuiscono, invece, le vendite di dolci e vini Dop; un comparto, questo, che ha subito un calo del 2,4%, nettamente migliore della Francia con il sui -10%.

Quanto ai mercati di riferimento, svetta l’Ue con oltre il 65% della quota di export totale, seguono Nord America (13,1%) e Asia (7,6%). Sale anche il valore delle vendite come in Germania (+7,1%), Stati Uniti (+5,3%), Regno Unito (+3,1%) e Svizzera (+8,3%). Sul fronte dell’import Francia, Germania e Spagna restano i principali fornitori, con un peso superiore al 35%.

Gli acquisti dalla Francia rimangono in linea con il 2019, mentre sono in netto calo quelli dalla Germania (-7,9%) e dalla Spagna (-11,7%).

L’agroalimentare spacca l’Italia a metà

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Non è tutto oro quello che luccica. Gli effetti positivi non si registrano in tutta la Penisola, ma solamente in metà delle regioni italiane. Lo conferma il focus contenuto nel rapporto 2020 del Crea sul commercio con l’estero.

Gli effetti della pandemia non sono stati uguali in tutto il suolo italiano. Molto dipende dalla specializzazione delle produzioni agroalimentari e dai mercati di riferimento delle diverse regioni, così ne hanno risentito anche le esportazioni in generale. 

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La metà delle regioni registra un calo delle vendite. La contrazione, soprattutto nel secondo trimestre, dell’export di prodotti come vini, lattiero-caseari, carni preparate, caffè e prodotti dolciari, ha inciso sul risultato negativo di alcune regioni del Centro-Nord più specializzate.

Di contro, ben cinque regioni del Sud Italia hanno mostrato un andamento positivo anche nei mesi più colpiti dalle misure restrittive, grazie soprattutto alle maggiori vendite all’estero di pasta, conserve di pomodoro e olio di oliva. Sul fronte delle importazioni si registra un calo per quasi tutte le regioni, ad eccezione di Isole, Puglia e Valle d’Aosta. Nonostante queste specifiche perfomance settoriali, segnala il Crea, nel complesso, a partire dalla seconda metà del 2020, si osserva un miglioramento delle esportazioni agroalimentari in molte regioni italiane.


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