La storia di Adriano Grosoli, il pioniere dell’aceto balsamico del Duca di Spilamberto

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Quando l’aceto balsamico di Modena era solo un “affare di famiglia”, appannaggio di pochissimi, lui e altri tre imprenditori riuscirono a creare il mito dell’oro nero emiliano. All’età di 92 anni, Adriano Grosoli, titolare dell’Aceto Balsamico del Duca di Spilamberto (alle porte di Modena), è l’unico rimasto dei quattro imprenditori che negli anni ‘60 guidarono il passaggio della produzione dell’aceto balsamico dalle cantine domestiche al mondo dell’industria. Fu Grosoli insieme a Giorgio Fini, Elio Federzoni e Giuseppe Giusti, a portarne il nome dell’aceto balsamico in Europa e negli Stati Uniti, con grande intraprendenza e lungimiranza.

La sua è quella tipica storia di imprenditori d’altri tempi che merita di essere raccontata. Classe ’29, Adriano Grosoli si occupò presto dell’attività di famiglia, che comprendeva principalmente la lavorazione del maiale, la gestione della trattoria a San Donnino (Modena) e della bottega di prodotti tipici modenesi, in primis il balsamico. È su questo prodotto – fino a quel momento legato a una dimensione familiare – che egli decise di puntare. Erano gli anni in cui aprivano i primi supermercati.

Nel 1965, in occasione del riassetto normativo del settore aceti, Grosoli fu tra i promotori della richiesta di riconoscimento e regolamentazione del prodotto. Avviò le procedure per ottenere la licenza ministeriale per la produzione di Aceto Balsamico di Modena, finché poi nel 1993 condivise con altri imprenditori la nascita del Consorzio di tutela, di cui fu uno dei fondatori.

Adriano Grosoli, decano dei capitani d’impresa, ha ora da poco passato il timone dell’azienda alla figlia Mariangela, attuale presidente del Consorzio di tutela dell’IGP. Ma questa è un’altra storia!

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