Presentati a Palermo i risultati e le evidenze scientifiche del Progetto di Ricerca CAVASIFD sui Grani Antichi di Sicilia, condotto dal CREA DC di Palermo e dal Consorzio di Ricerca Gian Pietro Ballatore, su finanziamento MIPAAF e della Regione Siciliana Assessorato all’Agricoltura. Ora la filiera del Grano in Sicilia dispone di un patrimonio informativo ben organizzato, indispensabile per la tracciabilità e la riconoscibilità delle varietà da conservazione iscritte nel Registro Nazionale.
Due anni di ricerca con un approccio multidisciplinare su due campagne produttive, 2020 e 2021, condotta direttamente in campo, per la raccolta dei campioni di seme e di spighe delle varietà e la caratterizzazione morfo-fisiologica e, in laboratorio, per gli studi di caratterizzazione genetica mediante marcatori molecolari e di caratterizzazione proteomica, per definire le proteine tipiche del frumento che compongono il glutine e ne determinano l’attitudine alla trasformazione.
Il CREA DC di Palermo – capofila del Progetto CAVASIFD – insieme al CREA-DC di Tavazzano, al Consorzio di Ricerca Gian Pietro Ballatore e all’Università degli Studi della Tuscia di Viterbo, su finanziamento dell’Assessorato all’Agricoltura della Regione Siciliana, utilizzando i fondi della legge sulla biodiversità (L. 194/2015) del Ministero dell’Agricoltura, hanno condotto uno studio per la caratterizzazione di grani autoctoni siciliani.
La relazione introduttiva della Dr.ssa Claudia Miceli ha riguardato il contesto in cui è nato il progetto e i principali obiettivi raggiunti, gli interventi tematici del Dr. Marco Genduso e della Dr.ssa Chiara Delogu, si sono focalizzati rispettivamente sugli aspetti della caratterizzazione morfo-fisiologica e genetica, indispensabili per centrare l’obiettivo del Progetto, insieme allo studio sulle proteine di riserva delle varietà autoctone presentati dalla Dr.ssa Stefania Masci.
Questi tre differenti livelli di caratterizzazione convergente attuati dal Progetto CAVASIFD, hanno evidenziato che tutte le varietà esaminate, pur presentando livelli di variabilità interna differente, sono risultate comunque distinguibili tra loro e dalle varietà commerciali più utilizzate.
Sono 22 le varietà autoctone di Frumento duro, iscritte al Registro Nazionale delle varietà da conservazione, e 3 le varietà autoctone di frumento tenero ad essere state studiate. Da oggi gli organi istituzionali, a più livelli, dispongono di un patrimonio informativo su basi scientifiche che permetterà di implementare quel processo di certificazione, tracciabilità e garanzia dei consumatori finali, che sui cosiddetti Grani Antichi di Sicilia ancora manca.
A condurre il convegno e a moderare gli interventi dei relatori invitati, la Dr.ssa Claudia Miceli del CREA DC di Palermo e il Dr. Giuseppe Russo del Consorzio “Ballatore” che, grazie ai contributi tematici affrontati, hanno contribuito a tracciare un quadro generale sulla realtà dei Grani Antichi di Sicilia.
La Sicilia può contare oggi su 57 agricoltori responsabili della selezione conservatrice, 22 varietà autoctone di frumento duro (su 27 a livello nazionale) e 3 di frumento tenero, iscritte ai registri delle varietà da conservazione. Ciò ha permesso agli agricoltori siciliani di poter disporre di sementi certificate prodotte su circa 200 ettari.
“I materiali studiati provengono direttamente dalle popolazioni che vengono attualmente coltivate dagli agricoltori responsabili del loro mantenimento in purezza e non da collezioni istituzionali. Pertanto, rappresentano la reale biodiversità attualmente presente sul territorio regionale – sottolinea la Dr.ssa Claudia Miceli del CREA DC di Palermo – il lavoro svolto fornirà un utile contributo all’intero settore e all’attività della Commissione di Valutazione delle richieste di iscrizione al Registro Nazionale delle varietà da conservazione delle specie agrarie e delle specie ortive, che – a livello regionale – valuta le istanze dei soggetti che intendono iscriverle presso il Ministero dell’Agricoltura”.
“Un primo tassello di assoluta importanza – spiega Vincenzo Pernice, dirigente del Servizio V Ricerca, Assistenza Tecnica e Divulgazione agricola dell’Assessorato regionale all’Agricoltura – che finalmente pone l’intera filiera del grano e della sua trasformazione nella condizione di sviluppare su certezze e garanzie questa nuova pagina del grano Born in Sicily, ad alto valore aggiunto per tipicità, tradizione e qualità organolettiche che caratterizzano i nostri grani autoctoni”.
L’intervento del Dr. Bernardo Messina del Consorzio Ballatore si è concentrato sugli aspetti di sistema della filiera del grano in Sicilia, indicando i passaggi necessari a consolidare il nucleo di produzione e a suggerire gli interventi utili a valorizzare le produzioni varietali autoctone che, ha voluto sottolineare – corrispondono oggi ad una nicchia, in forte evoluzione, con una crescita della domanda a cui non corrisponde però una produzione totalmente tracciabile. Si stima, infatti, che sui circa 270 mila ettari condotti a grano in Sicilia, solo circa 5 mila ettari possono essere riconducibili alle varietà autoctone. Ma non basta: queste produzioni varietali ancora non sono supportate da una sufficiente produzione di sementi certificate. In questa direzione bisogna lavorare per costruire una filiera dei grani antichi trasparente, e per raggiungere l’obiettivo, di fondamentale importanza risulta il ruolo delle aziende di trasformazione (molini, pastifici, panifici, ecc.), che devono essere in grado di garantire il consumatore finale, tracciando l’intero processo produttivo dal seme fino al prodotto finito pasta o pane che sia.
Elementi di chiarezza che sono necessari per garantire i consumatori sulla reale identità dichiarata dai produttori sulle confezioni. Un campo questo che è stato affrontato dal Dr. Lorenzo La Fisca dell’Ispettorato centrale della Tutela della qualità e della Repressioni frodi dei prodotti agroalimentari ICQRF che ha evidenziato quali sono gli aspetti normativi a tutela del consumatore che intervengono sia nella produzione che nella commercializzazione, nell’etichettatura, nelle informazioni obbligatorie e in quelle facoltative. “Nessun vincolo limita l’uso delle farine ottenute dai grani c.d. antichi – sostiene La Fisca dell’Ispettorato Centrale delle Repressioni Frodi – ma oggi, grazie al lavoro svolto dal progetto CAVASIFD disponiamo di strumenti di verifica per dimostrare, grazie a specifici markers rintracciabili con analisi di laboratorio, la presenza o meno nelle matrici alimentari di specifiche varietà locali da conservazione.
A riassumere i contenuti del convegno, anche sotto il profilo prospettico, il Dr. Giuseppe Russo dell’Istituto Gian Pietro Ballatore che, sul valore della biodiversità, ha voluto ancorarsi, promuovendo un processo di selezione e valorizzazione della filiera del grano autoctono siciliano, generando nuova economia. “La Biodiversità è un valore che dobbiamo preservare e trasferire alle nuove generazioni. I cosiddetti Grani Antichi sono una sfida importante di recupero e valorizzazione che deve trovare coerenza lungo tutta la filiera, dal seme sino al prodotto trasformato. Il nostro progetto oggi consente di raggiungere un traguardo intermedio, eppure essenziale per costituire quel nucleo propulsivo su cui agganciare le diverse soggettività del sistema: dall’agricoltore, al mugnaio, dal panificatore al pizzaiolo, dal produttore di pasta al commerciante selezionatore che deve comprendere il valore e l’unicità di queste produzioni di nicchia”.
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