Il pecorino romano alla conquista delle tavole non solo europee ma anche dell’estremo Oriente. Il Consorzio di tutela del pecorino romano dop punta nel 2021 ad un rilancio del mercato italiano.
Il 2020 è un anno da archiviare. La crisi economica portata dalla pandemia di Coronavirus ha messo in ginocchio diversi settori. Fortunatamente il mercato del pecorino romano ha subìto solo lievi danni. Le insidie, però, si possono annidare ovunque. Scongiurato anche il pericolo di nuovi dazi per la Brexit, il formaggio tipico punta a conquistare nuovi mercati.
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Il Consorzio intende imprimere una svolta al mercato. Si guarda alla grande distribuzione che interessi non solo l’Italia e l’Unione Europea, ma che arrivi anche in Giappone, nuovo mercato da conquistare. Gianni Maoddi, alla guida del Consorzio da novembre, per aggredire il mercato chiede di tenere aperto il disciplinare.
L’intento è quello di “essere al passo con i tempi” puntando ad un percorso “gourmet” anche sui nuovi mercati. Tutto senza dimenticare il prodotto da grattugia per gli Stati Uniti e il segmento industriale, dove il Pecorino Romano viene utilizzato come ingrediente nella preparazione di alcuni alimenti e salse.
Per raggiungere l’obiettivo sono state avviate diverse pratiche. Il Consorzio infatti pensa a nuovi prodotti. Si cerca di soddisfare anche le esigenze dei palati più esigenti e quindi di comprendere i pecorini certificati Halal e kosher, per i mercati islamico e ebraico.
Questi prodotti “diversificati” andranno ad affiancare alcuni già presenti come l’Extra a basso contenuto di sale, il Riserva con stagionatura di oltre 14 mesi e il formaggio di montagna. Tutto rigorosamente prodotto con latte sardo in Sardegna (95% della produzione del formaggio è nell’Isola). Qui nel 2020 si è arrivati ad una produzione di 285mila quintali di formaggio.
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La maggior parte di questi prodotti ha preso la via degli States che però non sono più l’unico mercato di riferimento, mentre cresce il mercato Ue (56 mila) con quello tedesco in prima fila (17mila quintali).
“Abbiamo fatto degli investimenti anche fuori dall’Italia. Abbiamo investito 11 milioni di euro in 5 anni per 4 progetti che spaziano dal Giappone agli Stati Uniti, dal Canada alla Germania fino alla Francia e al Regno Unito, senza dimenticare l’Italia – spiega Maoddi -. È il caso del progetto “Pekorase Italia-Germania”, ma anche del programma “Chizu” per conquistare il mercato della ristorazione della zona di Tokyo per poi crescere nella grande distribuzione”.
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