Per mesi abbiamo sperato in un’Italia migliore. Abbiamo ripetuto ossessivamente che la pandemia ci avrebbe cambiati in meglio, che ci avrebbe resi più forti. Un ritrovato senso di appartenenza ci ha spinto ad acquistare solo eccellenze italiane o persino esclusivamente regionali per supportare produttori e ristoratori divenuti nel giro di qualche settimana da comparto trainante ad anello debole.
Lo spirito di sopravvivenza ha profondamente cambiato le nostre abitudini. Il settore del “delivery” è passato dalla marginalità alla consuetudine coinvolgendo in modo trasversale tutte le fasce sociali e di età. Ci siamo riscoperti pizzaioli, pasticceri ed esperti di lievitazione. Abbiamo attinto alla nostra creatività per tamponare le nostre rinunce. Abbiamo scommesso sulle vacanze estive prenotando a scatola chiusa in strutture ricettive che solo in extremis hanno potuto abbozzare riaperture a mezzo servizio (spesso con corpose e dolorose riduzioni di personale).
Le stime sulle perdite di alcuni settori come quello della ristorazione o del vino, normalmente poco soggetti a violente oscillazioni, sono però impietose. Gli ultimi dati diffusi dalla Fipe ci parlano di 34 miliardi di euro di perdite per il solo settore della ristorazione con circa 350mila posti di lavoro appesi ad un filo. Cifre da capogiro che fanno il paio con le promesse di aiuti che giungono da Bruxelles e da Roma e che ancora hanno prodotto solo effetti parziali nei settori più esposti.
In questo quadro di grande incertezza, però, non sono e non devono essere solo le “istituzioni” a spingere verso la ripresa economica. Sono infatti fermamente convinto che l’informazione e l’editoria, seppur pesantemente colpite dall’emergenza, possano giocare un ruolo decisivo in questa partita. Raccontare le buone pratiche di chi ce l’ha fatta e di chi ha resistito significa riconoscere il valore dirompente del buon esempio. Così come puntare i riflettori sulle eccellenze del territorio diventa una straordinaria opportunità di rilancio per interi comparti produttivi. Parlare di ristorazione, di vino, di ospitalità e di imprese significa tratteggiare l’anima di un Paese ferito ma che ha già dimostrato di sapere resistere e ripartire.
Ed è per questo che quando Francesco Fontana mi ha proposto la direzione di questo giornale online e del magazine trimestrale, ho accettato con la convinzione di poter dare un contributo. Cook Magazine si evolverà nel tempo curandosi di stare costantemente al passo con i tempi e con le tendenze. Avremo un nuovo spazio multimediale con video e gallery fotografiche, nuove rubriche curate dai nostri collaboratori distribuiti sul territorio, nuovi contenuti – tra cui un’ampia sezione dedicata al vino curata da un’esperta del settore – e una nuova redazione in grado di offrirvi quotidianamente aggiornamenti sul mondo ho.re.ca. Le novità le andremo scoprendo gradualmente, ma la realtà è già quella di un nuovo corso. Dateci il vostro supporto, noi vi staremo vicini.
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