Così l’Italia salvaguardia i cetrioli di mare, il ruolo determinante di Marevivo

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I cetrioli di mare sono sempre più al centro del dibattito politico e tra le preoccupazioni degli ambientalisti e di coloro che vogliono proteggere e valorizzare il mare. I cetrioli di mare hanno un elevato valore economico e vengono pescati a scopo alimentare nel Mediterraneo, nelle acque dell’Estremo oriente, nell’Oceano Indiano e nel Pacifico. In alcuni paesi, i cetrioli di mare sono considerati delle prelibatezze, in particolare in Oriente. In Cina hanno un prezzo che oscilla tra i dieci e i seicento dollari al chilo, mentre alcune specie particolarmente pregiate possono costare fino a tremila dollari al chilo.

In Italia, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ha rinnovato il divieto di pesca, detenzione a bordo e trasporto dei cetrioli di mare per tutto il 2021. La tutela di questi animali è stata fortemente voluta dalla storica organizzazione Marevivo che, nel 2018, ha ottenuto un decreto che ne vieta la pesca e da allora si batte affinché il divieto diventi definitivo. Il divieto era già stato rinnovato per il 2020 dall’allora ministra Teresa Bellanova, al fine di assicurare la salvaguardia di questi importanti esseri viventi, oggi a rischio a causa dell’attività umana.

I cetrioli di mare assumono sempre più importanza scientifica perché sono organismi filtratori, come le cozze, e possono assorbire virus, batteri, biotossine algali e metalli pesanti, devono pertanto essere pescati in zone di mare non inquinate. Un ruolo fondamentale nell’equilibrio dell’ecosistema marino perché la loro azione consente di riciclare le sostanze nutritive presenti nei sedimenti e nella materia organica di cui si nutrono, distruggendola e scomponendola, esattamente come fanno i lombrichi sulla terra.

Una volta espulsa dall’apparato digerente tale materia “trattata” diventa alimento per le alghe e i coralli, oltre a favorire l’attecchimento di altri organismi ed aumentarne il benessere. Uno studio pubblicato nel 2011 dall’autorevole rivista accademica e scientifica chiamata Journal of Geophysical Research ha evidenziato come il processo di digestione dei cetrioli di mare conferisca ai loro rifiuti un ph leggermente basico e che quindi contribuisce a proteggere l’acqua che li circonda dal processo di acidificazione che gli oceani attualmente stanno soffrendo.

Nella cucina giapponese, i cetrioli di mare, sono noti come namako nel sushi, mentre in quella malese come trepang in zuppe. Li ritroviamo, poi, anche in alcune nazioni europee come la Spagna conosciuti con il nome di espardeña. Numerosi sono i rischi per l’eccessivo prelievo dei cetrioli di mare, sia per la loro stessa sopravvivenza, sia per la sicurezza alimentare dell’uomo se i prodotti non sono tracciati e non provengono da aeree altamente controllate e non inquinate. Infine, ricordiamo che esistono 377 specie conosciute di questi animali e sedici di queste sarebbero considerate a rischio di estinzione.

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