Spoiler non deve per forza essere fatto a Londra. 

In questo momento storico il gin è il king degli spirits, tra locali che nascono dedicati a questo distillato, (gintonerie) alle vendite alle stelle delle bottiglie, per i classici gin tonic casalinghi, ai signature cocktails nei bar più alla moda, il gin non è mai stato così popolare. Siamo però davvero sicuri al di là dell’innegabile fascino delle bottiglie ormai, sempre più simili a quelle dei profumi d’alta gamma, di sapere riconoscere almeno le tipologie di base?

Ma andiamo con ordine, intanto un po’ di storia, il vero antenato del gin, il genever è un vino di malto d’orzo, distillato per ottenere una gradazione alcolica di 50 volumi (!), chiamato anche Duch Courage, coraggio olandese, perchè, contribuiva a sostenere il morale dei soldati olandesi nelle battaglie del sedicesimo secolo, a questo distillato si aggiungeva il ginepro per mitigarne l’intensità, e renderlo quindi più bevibile a fronte dell’alta gradazione alcolica.

Quindi una parte del distillato di cereali (orzo segale e mais) veniva sottoposta ad una seconda distillazione assieme al ginepro, il frutto delle due distillazioni veniva poi unito, dando luogo ad un distillato molto “forte” ma che grazie alla presenza aromatica del ginepro risultava molto più palatabile.

Fu la guerra dei trent’anni a che portò il genever dall’Olanda quindi, all’Inghilterra dove agli inizi del 700 nacquero le prime distillerie dedicate, la prima ufficialmente riconosciuta è quella del Gordon, nel 1769.

Di cosa parliamo, quindi quando parliamo di gin?

La radice resta la stessa dell’antenato olandese, genever, un’ acquavite agricola che nasce dalla distillazione di cereali, ma a differenza dell’antenato la concentrazione del ginepro è molto più importante, ed, oltre al ginepro si trovano all’interno del distillato anche erbe e spezie. Il ginepro da comprimario diventa quindi nel gin elemento fondamentale, il processo di distillazione e le fasi successive possono variare a seconda della tipologia, ma senza il ginepro, non si può essere, legalmente gin.

Le tipologie sono molteplici a volte inventate di sana pianta dal singolo produttore, (ormai tutti almeno un cugino o uno zio che ne fa uno), ma quelle principali e riconoscete dai disciplinari sono soltanto 3:

-London Dry: I puristi lo considerano l’unico vero gin, non a caso, il Gordon il primo gin che la storia ricordi ufficialmente era uno di essi, si tratta non di un gin prodotto nell’area di Londra, (se ne fanno in tutto il mondo) ma è un gin a cui non possono essere aggiunte sostanze aromatiche, aromi o coloranti dopo la distillazione. Puro, molto secco, dritto al cuore, per quelli amano le emozioni forti.

Da provare, Gordon, Beefeter, Broker’s.

-Distilled Gin: semplificando lo potremmo definire un London Dry a cui si possono aggiungere sostanze aromatiche una volta completata la distillazione, da qui un fiorire letteralmente di immagini sulle bottiglie di ogni tipi di fiore e frutta, e di tutti quei gin che siamo abituati ad accompagnare le nostre serate, colorati e profumatissimi, dal fascino sensuale e accattivante, ma forse un po’ lontani dallo spirito originale.

Da provare:

Hendrick’s, Nikka Coffey gin.

Compound Gin: anche soprannominato il gin da vasca da bagno, perché lì veniva prodotto negli stati uniti durante il proibizionismo, ottenuto aromatizzando alcol puro con degli alcolati. Questo gin nasce da un assemblaggio a freddo, senza distillazione, e contempla l’uso di piante aromatiche o fiori, in macerazione. Il compound è assimilato legalmente al gin in quanto alcolico aromatizzato al ginepro, tuttavia, è molto lontano dallo spirito originale, sia nel metodo produttivo sia nelle caratteristiche organolettiche.

Da provare:

Robby Maraton, PhD Gin.

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