Si fa presto a dire “bresaola”, in realtà ne esistono di diverse tipologie, a seconda della razza bovina selezionata per le carni. Per imparane a conoscerle e riconoscerle, arriva la “carta delle bresaole“.
La bresaola ha sempre più presa tra i consumatori. Secondo un recente sondaggio sul gradimento degli italiani, ha conquistato il terzo posto. Preceduta sul podio solo da prosciutto crudo e cotto. Sono ben otto italiani su dieci a gradire la bresaola.
È uno dei salumi italiani più conosciuto. Si può fare anche con carne proveniente da altre parti del mondo, ma la tradizione artigianale della trasformazione e dell’affinamento è tutta italiana. Dal cuore della Valtellina arriva quindi una sorta di operazione trasparenza e informativa per imparare a conoscere e riconoscere questo salume.
Quello che spesso non si sa, infatti, è che ne esistono diverse tipologie, che si differenziano in base alla razza bovina selezionata per le carni. A tal proposito, l’azienda italiana Rigamonti, leader del settore con il 34% del mercato mondiale, lancia la carta delle bresaole.
La bresaola è apprezzata per la sua magrezza e il suo sapore distintivo. Sono soprattutto sportivi, più attenti al benessere a tavola, i maggiori consumatori di questo salume. Il periodo in cui si preferisce gustarla è l’estate. Nei mesi più caldi infatti le vendite aumentano.
Con la carta delle bresaole, online sul sito dell’azienda con sede a Sondrio, “vogliamo far conoscere – ha detto l’Ad Rigamonti, Claudio Palladi – le caratteristiche della carne di cinque delle nostre filiere certificate, dalla classica bresaola Igp che, realizzata con un taglio di prima scelta (la punta d’anca di Zebù sudamericano), ha fatto conoscere la bresaola nel mondo, fino alla Gran Fesa con carni bovine di razze francesi, Charolaise e Limousine, o la Black Angus, che si presenta più marezzata per la differente alimentazione dei bovini allevati in Usa, Uk, Irlanda e Australia. Siamo leader di mercato e vogliamo così far cultura di prodotto”.
Per Claudio Palladi, Ad Rigamonti, “è fondamentale non demonizzare la provenienza estera della materia prima: i quantitativi di carne italiana destinati alla Bresaola – oggi pari a 700 tonnellate di cui 500 acquistate da Rigamonti – non saranno mai in grado di soddisfare l’intero mercato. Senza la materia prima estera non esisterebbe la Bresaola. Quello che conta è il percorso di qualità totale intrapreso nella selezione della carne estera, nella scelta di fornitori certificati, unito alla ferma volontà di proseguire nella valorizzazione delle razze italiane, e l’attenzione al benessere animale nell’allevamento. Questi due concetti non sono in antitesi ma vanno di pari passo”.
“Ad oggi – sottolinea Palladi – siamo gli unici sul mercato a visitare personalmente le fazendas in Brasile e ad attuare per la carne sudamericana un controllo di filiera certificato Csqa per l’allevato pascolo e all’aperto, che nel 2020 ha registrato un +10%. Così come siamo gli unici a produrre in accordo con Coldiretti la Bresaola da filiera 100% italiana (4IT), con animali nati, allevati, macellati e lavorati in Italia: una nicchia cresciuta del 20% nell’ultimo anno ma che può e deve crescere ancora. Trovo comunque legittimo il diritto dei consumatori alla scelta consapevole e non sono d’accorto con tutto il tempo che l’industria si è presa per l’indicazione dell’origine in etichetta”.
“Tuttavia – continua – l’Igp ci qualifica come ottimi selezionatori di carni e trasformatori. Del resto, il distretto Valtellina dell’oro rosso senza carne estera non esisterebbe, e considero una forzatura il link tra le importazioni della Valtellina, circa 20mila tonnellate di carni dal Brasile, e la deforestazione dell’Amazzonia. Piuttosto preoccupiamoci dei limiti delle etichette a semaforo che non raccontano molte sfumature nutrizionali nella legittima esigenza informativa del consumatore”.
In questo contesto, quella della filiera italiana è una grande sfida per Rigamonti, considerata la limitazione della materia prima. “Oggi – spiega Palladi – lavoriamo 500 tonnellate di carne italiana, pari al 4% della nostra produzione, ma sono convinto che grazie alla sinergia avviata con Coldiretti sarà possibile superare le mille tonnellate. Tra le novità a cui stiamo lavorando c’è anche la valorizzazione della filiera della Fassona Piemontese, che arriverà sul mercato entro fine anno. Con la messa a regime di questa filiera entro il 2023 arriveremo a preparare con carne italiana il 10% delle 60mila bresaole da noi prodotte ogni settimana”.
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