

Nel centro storico di Trapani, dal dicembre del 2016, sorge l’Osteria Il Moro, un ristorante di alta cucina. Fondata dai fratelli Nicola (chef) ed Enzo Bandi (direttore di sala), rappresenta la realizzazione di un sogno e un punto di riferimento per i gourmet non solo della provincia trapanese.
Il nome stesso, Il Moro, è simbolo di sicilianità, radici e tradizioni, alle quali i due proprietari tengono molto. L’avventura dei fratelli Bandi nel mondo della ristorazione è iniziata sedici anni fa a Valderice, dove gestivano una trattoria che proponeva una cucina casalinga. Nicola Bandi, chef autodidatta e con un destino scritto da sempre, è un grande appassionato della tradizione, ma ama sperimentare, reinterpretando le ricette della cultura gastronomica locale con attenzione alla sostenibilità e alla cucina circolare. Enzo Bandi, invece, ha maturato diverse esperienze in importanti catene alberghiere in giro per l’Italia, da Cortina d’Ampezzo all’Isola d’Elba e a Roma.

La loro visione era chiara: creare a Trapani un ristorante di alta cucina, punto di riferimento della cultura culinaria siciliana. Sono quattro le salette all’interno del ristorante con un piccolo spazio esterno fruibile in estate. L’ambiente minimalista, lineare e pulito, accoglie con eleganza gli ospiti in una tranquillità tipica dei ristoranti come Il Moro. Negli ultimi anni è stata anche creata un’elegante sala con una cantina che accoglie etichette prestigiose, passione di Enzo, e offre anche una zona relax dove, nel periodo invernale, è possibile abbinare piccola pasticceria a rhum e vini da dessert. In fondo al ristorante si trova una saletta riservata per un’esperienza intima.
I menù sono creati e pensati dallo chef per introdurre gli ospiti al suo pensiero culinario e accompagnarli in un emozionante percorso gastronomico. Come, per esempio, il Green Sicily, menù interamente vegetariano composto da quattro portate che segue la disponibilità dell’orto di famiglia. ll menu Vi racconto la mia Trapani offre anche qui quattro portate che celebrano la tradizione locale, inclusi piatti come parmigiana, seppia e piselli, plin di sarde e sgombro lardiato. Per un’esperienza più ricca, il menù Terra d’Origine presenta cinque portate: polpette di mamma, fusillone black pork e ravioli allo stufato della domenica. Il più completo è il menu Tuffo nel Mediterraneo, un percorso di sei portate dedicato al mare, che comprende mosaico di ricciola, frascatole all’astice e triglia alla trapanese. Ovviamente ad ogni menù vengono abbinati i vini bianchi e rossi della ricca cantina.
La creatività dello chef si manifesta nei nuovi piatti e nelle reinterpretazioni dei classici. Tra gli antipasti, troviamo proposte ingegnose come la finta oliva, che ricostruisce l’oliva schiacciata condita con un guscio croccante di burro di cacao e un interno liquido che esplode in bocca. Il pomodorino ricostruito è un finto pomodoro che racchiude l’essenza del pane cunzato, con acciughe, pomodoro, formaggio e basilico, avvolto in un estratto di pomodoro profumatissimo. Un omaggio alla storia gastronomica è la pralina di cioccolato fondente con caponata, che ripropone l’antica usanza di aggiungere cioccolato alla caponata in una forma sottile e invitante. Altre creazioni sono la lisca ripiena con il condimento della pizza rianata, il mosaico di ricciola marinata e avvolta in alga nori con pomodoro fermentato, la parmigiana ricostruita presentata come una mini-melanzana affumicata, l’insalata di polpo reinterpretata con polpo a doppia cottura e verdure fermentate, e il cappuccino di parmigiana, una crema di melanzane tostate con spuma di ricotta o carciofi.
I primi piatti sono un’ode alla tradizione rivisitata. Le frascatole all’astice sono un piatto storico trapanese quasi dimenticato, dove la semola è cotta direttamente in brodo d’astice, creando una zuppa cremosa servita con astice scaloppato, crema di mandorle e limone fermentato. Il plin di sarde è la personale interpretazione della pasta con le sarde, con un ripieno che racchiude il sapore autentico del pesce azzurro affumicato, pinoli, uva passa e finocchietto, valorizzando l’impegno per il non-spreco, utilizzando anche gli scarti delle sarde per il fondo. Altri primi includono il cùscusu da nonna a nipote, con semola, aglio rosso di Nubia, sale di Trapani e spezie, servito con zuppa di pesce, lo spaghetto monograno al San Pietro con porro, aglio, finocchietto e bottarga di tonno, la pasta coi tenerumi (a modo mio) con spaghetti tagliati e fonduta di ragusano, il tortello zucchine e gamberi con crema di zucchine e gamberi all’interno, e il riso ceci e scampi con hummus di ceci al miso e scampi crudi.
Anche i secondi piatti ripropongono ricette antiche con un tocco contemporaneo. Lo sgombro lardiato è una ricetta trapanese quasi scomparsa: lo sgombro, sfilettato, marinato e affumicato, viene cotto in olio a bassa temperatura e servito su una base che ricorda la carbonella, glassato con una leggera crema all’aglio lavorata con formaggio caprino. La spatola alla ghiotta è una rivisitazione del classico messinese, con una spuma ricavata dal sugo di pesce e adagiata su un turbante di spatola. La triglia alla trapanese combina triglia, acqua di pesto trapanese, olio al basilico e maionese agli agrumi. I dolci concludono il pasto con innovazione e sapori familiari reinterpretati.
«Rispetto al precedente menù – afferma lo chef Nicola Bandi – non abbiamo cambiato tutti i piatti, ma molti sono stati adattati alla stagione. In base alla stagionalità dei prodotti cerchiamo di riadattare i piatti che ormai sono in carta da anni. Abbiamo creato il menu Green Sicily per i clienti vegetariani. Il messaggio è trasmettere sempre quella che è la mia filosofia di cucina, quindi il territorio e la materia prima e poi la sostenibilità che porto avanti ormai da anni, ovvero sfruttare al massimo la materia prima e sprecare il meno possibile».
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