Vendemmia 2020, sarà un’ottima annata: aumentano produzione e qualità

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La vendemmia 2020 in Italia è iniziata già da un po’ e, anche se non è ancora conclusa, le buone premesse sono state evidenti sin da subito. Si prevede, infatti, un’ottima annata. A contribuire alla qualità, il tempo clemente. Lo afferma con certezza Domenico Bosco, responsabile vini di Coldiretti.

Vendemmia 2020, si prevede un’ottima annata: clima favorevole

La vendemmia di quest’anno è stata favorita dalle condizioni climatiche. Le “temperature miti, il caldo non insopportabile, l’apporto idrico adeguato, le notti fresche e l’assenza di grosse grandinate – spiega all’Agi Bosco – hanno assicurato forza e salute alle viti, dal germogliamento fino alla raccolta”. Da Nord a Sud, “la vendemmia è iniziata da un po’ e proseguirà fino a novembre inoltrato con l’Aglianico dell’Irpinia. Per conformazione territoriale e varietà di viti non si può generalizzare troppo, ma i primi assaggi dei mosti garantiscono che questa sarà una vendemmia da molto buona a ottima”, commenta Bosco. Il livello è “in salita rispetto all’anno scorso e di gran lunga superiore al 2018 quando le condizioni atmosferiche stressarono la vite”.

A livello qualitativo sembra essere un’annata davvero importante“, commenta all’Agi Antonella Posta, presidente di Assosommelier. “Se sarà così la faremo invecchiare perché abbiamo perso un anno di consumi, soprattutto per i grandi vini nei ristoranti. E abbiamo anche problemi di stoccaggio nelle cantine. Vedremo come verrà risolto”.

Vendemmia 2020: l’Italia firma il primato per quantità

Buona anche la produzione con “buon bilanciamento tra l’aumento della quantità di uva a Nord e il calo a Sud”, osserva Bosco. In generale, “l’andamento della raccolta dipenderà molto dalle prossime settimane. Ma intanto l’Italia conferma il primato per quantità mettendo a segno 47,2 milioni di ettolitri davanti alla Francia che registra una produzione di 45 milioni di ettolitri e alla Spagna ferma a 42 milioni”.

“Dopo la fine del lockdown sembrava che questa dovesse essere una stagione magra”, dice Posta. “Si parlava di perdite della produzione del 15%. Poi l’allarme è rientrato, con il clima che è stato favorevole per tutto l’anno. Nell’ultima settimana ci sono stati importanti temporali, ma il grosso della vendemmia è già nelle cantine e il numero finale è attorno allo 0,5% in meno rispetto agli anni precedenti”.

Il coronavirus non ha fermato la coltivazione della vite

Il coronavirus non ha fermato la coltivazione della vite. Al contrario, osserva Bosco, “nelle aziende a carattere familiare o di medie dimensioni, il lockdown ha visto le persone dedicare maggiori attenzioni e cure alle viti, soprattutto per via del maggior tempo libero a disposizione dovuto alla chiusura delle altre attivita’”, spiega Bosco.

E sempre nel periodo del lockdown, parallelamente al crollo totale delle vendite di vino in hotel e nei ristoranti, si è registrato “un aumento delle consumo domestico pari al 9%, con un incremento soprattutto delle bollicine a maggio, dopo la fine del lockdown, segno che gli italiani hanno brindato alla ripartenza”.

Cosa hanno bevuto gli italiani durante il lockdown

Durante il lockdown sono aumentati i consumi di vino tra gli italiani. Ma cosa hanno bevuto nei mesi della chiusura? Secondo i dati della Grande distribuzione organizzata (GDO), nei carrelli sono finiti soprattutto i vini più economici, quelli comuni, (+11%) e quelli IGP (+12%) mentre quelli DOP hanno sfiorato il 10%.

“Durante il lockdown gli italiani hanno mangiato tanto e bevuto molto”, osserva Posta. “Negli anni ’50 rispetto ad oggi – spiega – l’italiano medio consumava un centinaio di litri procapite, oggi 33 litri a testa. Sicuramente oggi l’italiano medio beve meglio ma meno. Lo stile di vita che abbiamo condotto durante la chiusura somiglia molto a quella degli anni ’50, quando si mangiava a casa, con poche cene fuori e nessun aperitivo”.

E quello che è accaduto è che “è aumentato il consumo domestico di vini medi e di vini comuni”. I primi “li ha acquistati chi di solito è attento a cosa sorseggia e a cosa mangia. Lo fa al ristorante e lo fa a casa. E con la chiusura non ha rinunciato al suo Vino. Non si accontenta di qualcosa cui non è abituato”.

I vini comuni “sono consumati da persone meno attente alla qualità, che magari sono abituate a mangiare anche al fast food, che conoscono poco i vini e sono attente al prezzo”. Anche le grandi sessioni ai fornelli hanno inciso sul consumo di vino economico “ma in realtà la quota è minima”, conclude Posta.

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