In Sicilia si è (quasi) smesso di fare vini bianchi da lungo affinamento. Nati per essere bevuti coi tempi giusti, aspettando di essere pronti per giocare nei campionati importanti, regalano però quasi sempre delle magiche sorprese. Julie 2021 di Carmelo Cappello, grillo e Viognier, è francese non solo nel nome, ma anche come “idea” di vino. E questo perché rientra tra quei bianchi pensati per vedere la luce o il calice solo quando è pronto, quando è diventato qualcosa di materico, di evoluto, di grande.
Carmelo Cappello è famoso per i suoi rossi perché viene da un luogo in cui i rossi sono da sempre i vini che contano. Ma in questo bianco ha forse trovato il suo vino migliore, il suo vino più strano, il suo vino più suo.
Una visiva che, complice la non filtrazione, la botte piccola e il tempo, giusto è di un’intensità rara e meravigliosa, senza la contadina banalità dei così detti orange wines che vanno tanto di moda tra chi non ha assaggiato mai grandi vini.
Semplicemente un vino materico, intenso che seduce per la sua armonia. Da un lato fa dell’intensità la sua mediterranea, poetica cifra stilistica, e dell’altro fa della persistenza infinita la sua forza motrice. Un blend di passato e futuro in grado di sedurre sia gli amanti del “naturale” più autentico, sia il purista dell’eleganza poco interessato alla spontaneità delle fermentazioni e all’armonia d’insieme.
Uno dei pochi vini in grado di unire due mondi che spesso, purtroppo, non si parlano e che dimostra come, al di là delle definizioni, forse basterebbe fare vini ben fatti. Perché armonia e artigianalità non sono mai nemici, ma possono e forse devono essere sinonimi.
Con le sue 300 bottiglie siamo oltre l’unicorn wine che di solito lambisce almeno le mille unità. Un vino da sognare prima e, se siete fortunati, da bere. Da degustare ascoltando “In the mood for love” dei Flash Pig. Loro sono francesi ma, proprio come questo vino, guardano al mondo.
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