In questo momento di pandemia, mentre il mondo piange i suoi eroi e suoi “morti anonimi silenti” sembrerebbe proprio fuori luogo parlare di maitre e di flambé; ma sicuri come siamo della stupefacente facoltà umana, spontanea e cosciente, di adattarsi alla bisogna per poi superare qualunque ostacolo, ne parliamo con l’animus di chi crede nella ripresa e per esorcizzare questo brutto momento.
Allora, il maitre, chi è costui?
Nella seconda metà dell’Ottocento, quando nel nostro paese si combatteva ancora per unirlo e renderlo grande qual è, e si pensava di organizzare gli italiani, in Francia già nascevano le prime organizzazione alberghiere e le grosse brigate di sala e di cucina. E già allora, a garanzia della funzionalità della struttura ricettiva si identificò per ogni settore e per ogni reparto la figura e la funzione di un capo (appunto chef, in lingua francese). Definizione questa, acquisita dal mondo del lavoro ed entrata nel linguaggio comune professionale; vedi chef di cucina, chef di partita, chef de rang, etc.
Quanto al comparto sala, il capo di tutto il settore, piuttosto che come CAPO, venne identificato come MAESTRO, monsieur le maitre appunto. E la ragione c’era. Intanto perché il maestro, proveniva dall’esperienza di organizzatore e in qualche maniera di gestore di “case patrizie”; poi perché in verità, relativamente ai sui compiti e alle sue prerogative, la qualifica di Maestro ci stava e ci continua a stare perfettamente, visto che la sua professione era ed è orientata verso importanti direzioni quali la tecnica, l’eleganza, il costume, la cultura e l’insegnamento, propedeutici a creare e trasmettere “particolari momenti magici di convivialità” in tutta la sua possibile estensione del significato. Non per niente, il maitre è maestro di tecnica e di Bon Ton e maitre à penser.
Purtroppo tutto questo non può essere presentato in un biglietto da visita; fra l’altro è proprio nelle prerogative del maitre tenere “il passo felpato” per non imporre la sua presenza – avvertita in ogni caso attraverso la perfetta organizzazione, e fisicamente tutte le volte che si ha bisogno di lui.
Allora, meno male che c’è il flambè, è proprio il caso di dire, dal momento che è proprio con il flambé che il maitre spesso viene identificato, nonostante tutte le sue peculiarità. Sarà sicuramente piuttosto riduttivo, però ben venga, quanto meno con il flambé viene rappresentata la parte più romantica della professione, quando in sintonia e con tutta l’attenzione e la collaborazione del cliente ospite, il maitre offre la sua manualità e il suo estro “alla lampada”, creando momenti magici di condivisione e di alta professionalità.
Antonino Reginella
Lascia un commento