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In Erasmus da Perugia a Hong Kong, il viaggio gastronomico di Federica (Parte II)
20 Dic 2022 18:06

Insieme a Federica Miorelli, studentessa universitaria ventenne, proseguiamo il viaggio che dalla tavola umbra e da Castelluccio di Norcia ci porta fino alla cucina asiatica di Hong Kong. Ancora molti spunti sulla tradizione del mondo culinario più antico al mondo. Le differenze sostanziali con le consuetudini alimentari della nostra penisola, usi e costumi molto diversi. Un focus su comportamenti che nel nostro paese sarebbero ritenuti… inopportuni.

Gli orari o limportanza della tavola in Italia sono gli stessi anche lì?

Decisamente no. In Italia, è solito ritrovarsi insieme per consumare i diversi pasti che compongono la giornata o comunque, si rispettano degli orari standard. Ad Hong Kong ho notato come la gente mangi quando ha tempo o occasione per farlo; che siano le due, le tre, le quattro del pomeriggio, vedrai sempre qualcuno che si mangia un piatto di noodles o del riso alla cantonese. Nello studentato dove vivevo insieme ai miei compagni Exchange e a tutti gli altri studenti asiatici era normale incontrare ragazzi cinesi che cenassero anche alle undici di sera, per poi restare in piedi anche fino alle tre o quattro del mattino a chiacchierare con gli amici o a studiare, svegliandosi così anche alle due del pomeriggio. Una routine diversa dalla nostra. È anche comune vedere cinesi mangiare in solitudine e in silenzio, solitamente di fronte ad uno schermo di uno smartphone o di un computer, o di fronte alla dolce metà, ma è altrettanto comune sentire i rumori che fanno mentre mangiano, soprattutto quando sorseggiano una zuppa con noodles: io rimanevo sempre stupita, ma guardandomi attorno notavo che gli asiatici non avevano la mia stessa percezione. Come mai? Semplicemente perché è comune e dimostra che il piatto è di loro gradimento.

C’è una cucina italiana ad Hong Kong? Come è? 

Di cucine italiane ad Hong Kong ne ho viste ben poche. Si, erano presenti dei ristoranti italiani, ma principalmente nel cuore della città, a Yau Tsim Mong, il più grande nell’emisfero orientale. Qui vorrei ricordare alcuni quartieri più noti, quali Central, Admiralty, Wanchai, Causeway Bay (isola di Hong Kong) e Yau Ma Tei, Tsim Sha Tsui (TST) e Mong Kok (Kowloon). In questi quartieri si potevano trovare dei ristoranti, pizzerie o anche delle gelaterie italiane, ma con dei prezzi esorbitanti, arrivando a pagare anche sette euro per un gelato e minimo venti euro per una pizza. Questo soprattutto perché gli ingredienti vengono tutti importati, in più perché essendo una cucina atipica della zona, il prezzo era esclusivo. Quando io e i miei amici eravamo saturi del cibo orientale, ci rifugiavamo da Pizza Project, un ristorante-pizzeria stile italiano, nel quale il range del prezzo andava dai 9 euro ai 23 euro. Quando avevamo tempo da spendere, ci piaceva andare lì per assaporare l’opzione del lunch set-menu, il quale comprendeva un antipasto, una pizza e un dessert a scelta tra le proposte. Era molto rigenerante.

Ti sei mai incontrata con una carbonara o un piatto tipico, rivisitato a modo loro?

In realtà quando sono all’estero non sono solita mangiare piatti tipici italiani, in primo luogo perché sono curiosa di assaporare quelli locali e in secondo luogo perché spesso si rischia di rimanere delusi mangiando qualcosa che viene presentato come piatto italiano ma che in realtà non lo è affatto. Alcune volte alcuni miei compagni Exchange non italiani, compravano da mangiare in un posto denominato da noi “Pasta Place” che in italiano si può tradurre come “il posto della pasta”, che si trovava nei dintorni dell’accommodation nella quale abitavamo, e vendeva pasta al pomodoro, al ragù e alla carbonara. Non ho mai avuto l’interesse di comprarla e le uniche tre volte che ho mangiato la pasta in quei mesi, è stato perché l’abbiamo cucinata insieme ai miei amici.

Cosa mangiavi più spesso?

Durante quei mesi, lo ammetto, la mia alimentazione non è stata così tanto variegata. Nel quartiere dove vivevo, lungo Hung Lai Road (quartiere Hung Hom) era semplice trovare qualcosa da mangiare perché c’erano tanti piccoli locali, supermarkets e mercati di frutta e verdura. Non era un quartiere ricco, perciò anche i prezzi erano molto accessibili e in media si poteva benissimo mangiare con una spesa che andava dai 3 ai 15 euro. In tutti i quartieri di Hong Kong è tipico trovare il così chiamato da noi studenti Exchange, il “rice place”, il posto del riso: la soluzione ad ogni giornata. Nei pressi del dormitorio c’erano tre rice places. La concorrenza era elevata e bastava 1 HK$ in meno e la fila che si veniva a creare davanti al bancone diventava infinita. Impressionante. E cos’è questo rice place? In questo posto davano delle box-vaschette rettangolari che potevano essere riempite da due o tre ingredienti oltre che dal riso, stile Poket per intenderci; venivano poi date le chopsticks, ovvero le bacchette (le posate usate in oriente) e un cucchiaino per aiutarti. La scelta dei due o tre prodotti ricadeva su carne, pesce, patate e verdure. Tra quest’ultime, mi ricorderò per sempre le “Egg plants”, ovvero le melanzane, tanto amate dalla mia compagna di viaggio Dafne. Quando dico melanzana, si immagina la classica fetta rotonda alla griglia o i classici cubetti cotti in padella. Dal rice place, non erano tagliate e preparate così. Venivano tagliate a spicchi grandi, rese morbidissime dalla cottura prolungata e cotte insieme ad una salsa oleosa e decisamente saporita tendente al piccante.  Un altro piatto che mangiavo spesso erano i “Dumplings”, tipici della cucina orientale. Non sono altro che dei fagottini di pasta avvolti attorno ad un ripieno solitamente di carne, oppure di verdure e mais. Solitamente i dumplings cotti al vapore hanno una forma più a cappuccio mentre, quelli cotti alla piastra, hanno una forma allungata. Esistono anche i dumplings preparati con l’impasto vegetale, risultando perciò verdi, ed erano anche questi davvero molto gustosi. E infine, il mio primo amore: il baozi. Almeno una volta a settimana mi recavo in uno dei posti nei quali vendevano i baozi insieme alla sponge cake. L’amore per i baozi era nato qualche anno prima. Nel 2018 mi sono recata per un periodo in Australia, a Sydney, e una sera, la famiglia che mi ospitava, mi portò a visitare China Town. Lì, per la prima volta, ho assaggiato del vero cibo cinese, e quel soffice baozi, con all’interno della carne da un sapore indescrivibile, mi aveva rubato il cuore. Non ho più avuto la fortuna di assaporare dei veri baozi fino all’arrivo ad Hong Kong e le mie papille gustative erano al settimo cielo.

I miei preferiti erano quelli con la carne di maiale (pork) e quelli con crema custard, una crema simile per sapore alla nostra crema pasticcera ma con una consistenza meno densa ma molto dolce. Una volta, insieme a Dafne, abbiamo assaggiato dei baozi con la custard cream di colore nero, non sappiamo il motivo però il sapore era decisamente identico…delizioso! Infine, quando non sapevamo deciderci su cosa mangiare, si sceglieva il Dim Sum (letteralmente “toccare il cuore”), tipico pasto composto da tante piccole porzioni di cibo cinese servite in cestini di bambù, ottimo per assaporare tanti gusti diversi in un unico pasto. 

Cosa ti preparavi più spesso?

Devo essere sincera? Vivendo in uno studentato di circa venti piani, con due ali, est – ovest, con circa quaranta camere per ogni piano, pensare di cucinare nelle cucine comuni era impensabile. In primo luogo, eravamo ancora in pieno Covid e condividere certi spazi, utensili e ripiani, non mi rendeva tranquilla. In secondo luogo, molto spesso venivano lasciate le pentole usate sopra i ripiani. Inoltre, ad Hong Kong, la maggior parte degli alimenti sono importati, perciò i prezzi sono davvero elevati. Vi nomino alcuni esempi: la vaschetta di gelato, che in Italia paghiamo tre o quattro euro, là può costare anche otto o dieci euro. I latticini in generale sono carissimi, come per esempio le mozzarelle o lo yogurt; una sola confezione di semplice yogurt bianco può raggiungere anche il prezzo di otto euro comparati ai cinquanta centesimi in Italia. Per non parlare della frutta… quante volte vi è capitato di andare al supermercato e prendervi un sacchetto da 1 kg di mele e pagarle meno di due euro? A me tante volte nei supermarkets di Brunico! Nei pressi del dormitorio un fruttivendolo chiedeva anche sette euro per tre mele. Insomma, nonostante io adori cucinare, diversi fattori mi portavano a prediligere la scelta del take-away, ovvero del cibo d’asporto, poiché per la maggior parte dei casi spendevo meno a mangiare tutti i giorni cibo cinese fuori piuttosto che cucinare nello studentato. 

Cosa ti porti dietro di questa tua bellissima esperienza? 

Quest’esperienza porta con sé tanti ricordi, tanti insegnamenti, tante amicizie e tante emozioni. Per rendere l’idea vi racconto qualche aneddoto. Come detto nell’introduzione, perfino la preparazione e organizzazione di questo viaggio è stato un tumulto di emozioni e sofferenze. Hong Kong aveva registrato un aumento di casi positivi al Covid; perciò, a inizio dicembre il governo cinese aveva preso la decisione di chiudere i confini, annullando così il progetto Erasmus. Questione di giorni e una nuova ordinanza era stata emanata: Hong Kong riapriva i confini a determinate categorie, quali studenti e diplomatici per esempio; la quarantena obbligatoria era di durata differente in base alla provenienza. L’Italia i primi di dicembre risultava zona intermedia, perciò, si prospettava una quarantena di 14 giorni presso i cosiddetti “Quarantine Hotels”. Due giorni dopo, l’aggiornamento: l’Italia rientrava nella lista dei paesi ad alto rischio a causa della nuova variante Omicron, portando la quarantena a 21 giorni. A questo punto la ricerca dell’hotel è diventata surreale, si chiamava di notte ininterrottamente (dato il fuso orario di 7/8 ore) ma di trovare una stanza d’hotel che ospitava me e la mia compagna di università per 21 giorni consecutivi nei giorni prestabiliti non se ne parlava. Oltre a questa regola bisognava rispettare anche le scadenze del politecnico di Hong Kong, il quale richiedeva la presenza di noi studenti presso l’università, data la non erogazione delle lezioni online oltre le prime due settimane del semestre. Insomma, i primi giorni di dicembre sono stati un inferno, mi sentivo in balia di un’onda e sommersa da stress. In più avevo comunque l’università di Brunico da seguire, e in quel periodo avrei dovuto sostenere due esami. Li ho sostenuti nonostante una preparazione molto breve e di questo, vado molto fiera.

Tra probabile positività in famiglia (poi non confermata), problemi con il volo aereo, otto test covid e stress, è iniziata la mia avventura ad Hong Kong, in modo unico e per questo indimenticabile.

È una città che presenta tutto: centro città, numerosi quartieri tradizionali, templi, spiagge dove campeggiare e fare surf, montagne nelle quali fare escursioni indelebili. Non dimenticherò mai la sensazione che si prova ad osservare un tramonto rosso fuoco dalla cima di Suicide Cliff a Kowloon Peak costellato dalla moltitudine di grattacieli. Ad Hong Kong è semplice trovare un angolo della città adatto a sé ed il mio era lungo la promenade di Tsim Sha Tsui di notte. Le luci colorate dei grattacieli riflettevano sulle onde dell’oceano e tutto ciò era profondamente rilassante e rigenerante.

Hong Kong mi ha presentato tante persone, di tante nazionalità e personalità e credo che ognuna di loro mi abbia lasciato un ricordo, un insegnamento e che sia stata fonte di ispirazione. Conoscere persone così interessanti fa allargare ancora di più i propri orizzonti e ti rende incapace di avere certe idee, come quella razzista. Come si fa a discriminare una persona per la propria provenienza? Una persona è disegnata con tutte le sue tradizioni, culture, lingue, hobby e interessi, rendendola così unica, intrigante e interessante. In particolare, sarò sempre grata per l’amicizia nata tra noi studenti italiani. Dafne: da perfette sconosciute a coinquiline h24! Insieme abbiamo vissuto mille avventure ma soprattutto disavventure indimenticabili! Tommaso: dolce, da uno sguardo furbo e sempre pronto ad ascoltarti. Pier Paolo: con la sua risata contagiosa e sempre disponibile ad aiutarti. Daniel: forte e tenero allo stesso tempo, infine, Anuar: capace di travolgerti con la sua onda di energia.

Hong Kong mi ha fatto crescere molto come persona e mi ha reso orgogliosa, poiché nonostante le numerose difficoltà, non mi sono mai arresa. Flessibilità, pazienza, curiosità e tenacia sono state parole chiave per quest’esperienza e credo che anche in futuro ragionerò con questo mindset. Quindi ribadisco, abbracciate qualsiasi esperienza e fatene tesoro perché ognuna, anche la più piccola, vi sarà utile in un futuro più o meno prossimo.


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