Se fosse una canzone, questo vino sarebbe solo chitarra e voce. Un po’ come il Dylan dell’innocenza e delle utopie, perché forse le cose per cui vale la pena vivere non sono mai (troppo) complicate. TerreMoto di Nerina Cardile è forse solo all’apparenza un piccolo vino, non fa mistero della sua semplicità. Ma proprio questa semplicità non diventa mai mancanza di ambizione.
Etichetta naive solo all’apparenza. Un uomo e una bambina si tengono per mano e camminano verso un “altrove” etneo, il tutto disegnato a mano. Vino rosso, recita la dicitura sotto il nome. Senza doc, definizioni, sovrastrutture e paranoie che forse è quello che dovrebbero essere molti vini dell’Etna: semplicemente vini rossi.
Visiva criptica, agricolo-velata, naso di dolcezze non troppo risolte. Morbidamente ruvido, potremmo definirlo ricorrendo a un italiano che abbia ancora un senso (a differenza quindi di quello usato dell’eno-critica).
In bocca è un vino molto estivo e, un po’ come le canzoni estive bene fatte, cela dietro l’ottimismo e la leggerezza, la sottile consapevolezza della fine: nessuna estate sarà, o potrebbe essere, eterna. Appagante, dolce intensità e un finale velatamente amaricante, come il risveglio da un sogno.
Da bere sentendo, meglio se in vinile, Summerfling di Kd di Lang. Dolcissima, leggera, leggermente amara nel finale. Come l’estate, come la vita, come questo vino.
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