Enoturismo al Castello di Montepò, così la storica azienda senese torna in campo dopo il Covid

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Il Castello di Montepò riparte con l’enoturismo. Con l’avvento della zona bianca, il maniero nella tenuta della famiglia Boschi Santi, icona del vino italiano nel modo, apre i battenti al pubblico.

Enoturismo al Castello di Montepò, così la storica azienda senese torna in campo dopo il Covid

Voglia di ripartenza, voglia di tornare ad incontrare la gente. Il Castello di Montepò, a Scansano, nel cuore della Maremma, apre le porte con un’iniziativa dedicata all’enoturismo.  Il castello domina la tenuta agricola con 50 ettari vitati sui 600 presenti. E poi boschi e campi di grano, ulivi e piccole alture.

Un piccolo gioiello nell’agro Scansano di proprietà della famiglia Biondi Santi, uno dei brand-simbolo del vino italiano del mondo, nonché unica famiglia al mondo a detenere il brevetto BBS-11 per coltivare un Sangiovese Grosso che è stato un motore del successo del Brunello di Montalcino.

“Ripartiamo con fiducia inaugurando l’enoturismo nella tenuta di famiglia di Castello di Montepò. Il nostro vuole essere un segnale di ripartenza”, ha detto Tancredi Biondi Santi, alla guida dell’azienda insieme al padre Jacopo nella prima apertura, a numero chiuso e su prenotazione, al pubblico di winelover e enoappassionati, con una prima edizione speciale di “Cantine aperte”.

Al centro dell’iniziativa non solo il ritorno alla convivialità nell’era post Covid ma anche approfondimenti sull’enologia con un omaggio alla poesia di Dante Alighieri nel settecentesimo anniversario della sua morte.

Il vitigno principe resta il BBS-11 che è patrimonio esclusivo dell’azienda Castello di Montepò. Tra i grandi classici anche il Cabernet Sauvignon e il Merlot per produzioni Igt Toscana. “Con 700 anni di storia nella viticoltura e un brevetto abbiamo voglia di guardare al futuro – spiega Jacopo Biondi Santi – puntando alla tracciabilità totale. Non basta più essere un’azienda familiare, c’è bisogno di scienza e di professionisti. E presto blinderemo la nostra produzione con la blockchain perché se la qualità del bere è ormai scontata, va valorizzata l’identità”.

Proprio nel segno della novità e dell’innovazione si colloca il JeT 2020, il nuovo rosé di Jacopo e Tancredi Biondi Santi. “Abbiamo fatto studi delle microzone facendo i rilievi in 3D di tutti i vigneti – racconta Tancredi Biondi Santi – dando una carta di identità a ogni pianta e studiando ogni parcella di suolo per cercare di piantare altri 20 ettari di vigneto e arrivare a 70. Le fotografie in 40mila pixel evidenziano fabbisogno idrico e eventuali fitopatologie; noi diamo allora sostegni azotanti con semine tra i filari inerbiti e incrociamo i dati delle centraline di rilevamento meteo praticando di fatto una viticoltura di precisione con un approccio ecosostenibile”.

Ma non finisce qui. A fine luglio, nell’ambito di un progetto a cui ha contribuito l’enologo Donato Lanati, l’azienda porterà in bottiglia i primi tre cru del 2019.

Immagini dalla pagina Facebook

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