Caffè made in Italy, il fatturato cala del 40% nel 2020: i torrefattori chiedono indennizzi al Governo

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Duro colpo per il mercato del caffè made in Italy, eccellenza riconosciuta in tutto il mondo. La perdita di fatturato nel 2020, anno della pandemia, è del 40%. Un picco dovuto anche alle limitazioni imposte per ridurre i contagi di Coronavirus. Ecco perché il Gruppo Italiano Torrefattori Caffè (Gitc) chiede al Governo di prendere posizione.

Caffè made in Italy, il fatturato cala del 40% nel 2020

Un anno difficile quello della pandemia per il comparto della ristorazione. Con bar e ristoranti chiusi, però, a farne le spese è l’intera filiera di produttori e fornitori che gira attorno a questo mondo. Le restrizioni per limitare i contagi di Coronavirus, hanno avuto un impatto devastante anche per il settore del caffè made in Italy. Le perdite, infatti, sono arrivate al 40%.

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 Il Gruppo Italiano Torrefattori Caffè (Gitc), associazione che riunisce 225 imprese del settore, prende posizione contro la mancanza di prospettiva e di proporzionalità delle ultime misure restrittive. Si fa dunque portavoce di un’intera filiera italiana ormai sull’orlo del baratro a causa dell’emergenza. E lo fa con una lettera indirizzata al Presidente del Consiglio Mario Draghi e ai ministeri dell’Economia e Finanze, Sviluppo Economico, Politiche Agricole Alimentari e Forestali.

I torrefattori chiedono indennizzi al Governo

“A tutela delle Torrefazioni italiane e vicini ai pubblici esercizi, abbiamo interpellato il Presidente del Consiglio e i ministeri di competenza affinché si impegnino ad agire ora, per arginare l’ondata di fallimenti che rischia di diventare inarrestabile – afferma Alessandro Bianchin, Presidente del Gruppo Italiano Torrefattori Caffè – siamo disponibili ad un serio confronto che porti alla revisione delle direttive e all’adozione di nuovi protocolli che permettano alle imprese di programmare e di lavorare”.

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Ad impedire ancora oggi la ripresa e l’organizzazione del settore Ho.Re.Ca, lamentano i torrefattori, sono soprattutto gli orizzonti temporali di massimo due settimane dettati dagli ultimi decreti. Tempi così stretti non consentirebbero alcun margine di programmazione per i pubblici esercizi. Si delinea così uno scenario allarmante che annienta la possibilità di fronteggiare lo tsunami economico che sta travolgendo bar, ristoranti, hotel e tutte le filiere collegate. Un settore che nel 2019 rappresentava il 18% del Pil italiano, ma messo in ginocchio dall’emergenza sanitaria.

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