
La lingua italiana si arricchisce ogni anno di nuove parole che raccontano l’evoluzione della società, della cultura e delle abitudini quotidiane. Tra i nuovi ingressi dello Zingarelli 2026, spicca un termine dal sapore autenticamente mediterraneo: busiata.
La definizione è ufficiale, riportata in un comunicato di Zanichelli: «Busiata [dal sicil. busa, bastoncino intorno a cui si confeziona la pasta;] s. f. (spec. al pl.), tipo di pasta di forma elicoidale a base di semola di grano duro, tipica della Sicilia occidentale». Con questo riconoscimento, la busiata esce dalla dimensione esclusivamente regionale per entrare nel lessico dell’italiano contemporaneo. Non è solo un tipo di pasta: è un simbolo della tradizione gastronomica siciliana, in particolare della zona di Trapani, dove viene ancora oggi realizzata a mano, arrotolando la pasta fresca attorno a un bastoncino (la busa) per ottenere la caratteristica forma a spirale.
A rendere celebri le busiate è anche il loro legame con il pesto alla trapanese, condimento a base di pomodoro, mandorle, basilico e aglio che trova nella forma elicoidale della pasta il supporto perfetto per trattenere il sugo. Un abbinamento che ha superato i confini locali, conquistando ristoranti, food blogger e appassionati di cucina in tutta Italia e non solo.
L’ingresso nel vocabolario non è casuale: riflette una tendenza più ampia che vede la lingua accogliere sempre più termini legati all’identità regionale, alla biodiversità alimentare e alle specificità del territorio. In un’epoca in cui la cucina è anche racconto e identità, parole come busiata non sono solo vocaboli: sono storie, tecniche, mani che impastano e culture che si tramandano. Così, tra le pagine dello Zingarelli 2026, accanto a neologismi tecnologici o sociali, trova spazio anche la tradizione: fatta di semola, gesti antichi e sapori inconfondibili. E la busiata diventa ufficialmente una parola della lingua italiana.
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