È il segreto di pulcinella del vino siciliano, il grillo non ha mai emozionato nessuno, solo quelli pagati per dire che si emozionano a berlo. Il Grillo ormai, e lo dico a malincuore, è un prodotto puramente enologico, piatto, triste nel suo voler essere allegro, nel suo giocarsi solo sulla così detta piacevolezza, come se l’anima, fosse un optional, un accessorio, un plus.
È un vino, il grillo, con quella allegria forzata di certe feste di capodanno, certe canzoni di Jovanotti, i film di Zalone, i comici Mediaset e continuate voi come vi pare. Un vitigno forzato in riconoscibilità sempre più standard, più omologato, tra le velleità sauvignoneggianti e nostalgie territoriali perdute. Un’uva che in nome di questa (presunta) piacevolezza, ha smarrito il suo essere, il suo avvenire, il suo soul.
Per chi come me, suo malgrado, beve di mestiere, il grillo è questo: un vino scisso tra l’omologazione dei vini toninoguzzeggianti, sempre uguali e (banalmente) piacevoli ovunque, e le sperimentazioni macerate della zona Alcamo/Marsala che a me piace chiamare skin contact 90211, che fa quasi Beverly Hills.
Poi arriva Arsura di Gilletto, non un vino ma una vigna, non una bottiglia ma un terreno che guarda il mare, ancorché da lontano, in direzione di Mazara del Vallo. Sarà per il piccolo saldo di zibibbo, sarà per quei pochi filari piantati dal nonno che aggiungono un lift al naso che lo senti poco ma poi lo senti tanto. Sarà perché il mare è sempre un elemento, anche emotivamente, nel vino. Sarà perché forse essere esposti a sud con tutti problemi che comporta, forse, è l’unica salvezza in tutti mondi possibili. Sarà per una serie di motivi che sarebbero noiosi, ma se dovete bere un grillo e cercate l’emozione, bevete questo.
Un naso che parla di mare senza dimenticare la frutta, una visiva intensa senza eccessi “alcamesi” e che in bocca vola in un criptico, mirabile equilibrio. C’è un’esuberanza mediterranea e uno ionico understatement. Un vino intenso che disseta, sapido ma anche fresco, vivo ma senza pose, vibrante ma senza eccessi. Un vino che gioca sull’equilibrio di opposizioni, come se l’emozione non fosse (o non debba essere) esattamente questo.
Un grillo per sognare (penso sia l’unico), un bianco da baci al mare anche d’inverno perché, almeno in Sicilia, baciarsi sulla spiaggia non è mai fuori stagione. Un vino così territoriale e unico da essere cosmopolita e universale, come il blues. Da bere con chi amate, anche non ricambiati, ascoltando un pezzo solitario ed emozionante come questo vino. Il brano è Dilemme, lei si chiama Lous And The Yakuza, mentre il vino Arsura di Gilletto.
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