Agricoltura in crisi con le nuove strategie Ue, calo di produzione senza benefici green

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Quando le nuove regole sono veramente a favore dell’ambiente? A volte si guarda solamente ad una faccia della medaglia, ma poi l’altra, quella che rimane al buio, sfugge alla vista e alle considerazioni importanti. Così la Commissione Europea ha proposto recentemente nuove strategie per la biodiversità, che non saranno realmente favorevoli per tutti. A farne le spese, secondo l’allarme lanciato da Confagricoltura, sarà proprio la produzione agricola, che subirà un calo tra il 5% e il 15% rispetto ai livelli attuali.

Agricoltura in crisi con le nuove strategie Ue, calo di produzione senza benefici green

Massima attenzione al rispetto della stagionalità, della biodiversità, dell’ambiente. Sembrano tutte parole che negli ultimi tempi risultano un po’ abusate. Ci si muove verso questa tendenza in diversi campi e questo è un fattore positivo, ma quando si supera la soglia che separa i reali vantaggi dagli svantaggi?

Confagricoltura, sulla base della relazione tecnica del Centro comune di ricerca, organismo di consulenze scientifiche indipendenti a supporto del processo decisionale di Bruxelles, rilanciata da Copa-Cogeca, il coordinamento delle organizzazioni agricole e cooperative degli Stati dell’Unione, lancia un allarme sulle nuove strategie per la biodiversità proposte dalla Commissione Ue. 

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“La Commissione non può restare in silenzio”, dichiara Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura e vicepresidente del Copa, secondo il quale è indispensabile un’immediata presa di posizione ufficiale, ricordando che gli agricoltori sono pronti a fare la propria parte per la sostenibilità ambientale. E conclude “non si può procedere al buio e senza il necessario rigore scientifico quando sono in ballo questioni che riguardano la sostenibilità ambientale e i redditi di consumatori e agricoltori”.

Gli svantaggi

Secondo l’associazione gli aspetti negativi di questa scelta sono notevoli. Si parla di un calo della produzione agricola tra il 5% e il 15% rispetto ai livelli attuali, con i tagli più incisivi sugli allevamenti ed un aumento dei prezzi per i consumatori di circa il 10%.

Il calo della produzione avrebbe delle reazioni a catena di segno negativo. Innanzitutto provocherebbe una contrazione delle esportazioni di cereali, carni suine e avicole, nonché un peggioramento del deficit commerciale dell’Ue per semi oleosi, ortofrutticoli, carni bovine, ovine e caprine.

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Ma non sarebbero colpiti solo gli agricoltori da queste scelte. Anche il portafogli dei consumatori riceverebbe una batosta dal momento che si creerebbe una sostanziale maggiore dipendenza dalle importazioni dai paesi terzi.

Che dire poi dell’ambiente e della riduzione dell’inquinamento. Le nuove strategie Ue porterebbero benefici interni ma di contro causerebbe danni ai paesi terzi. Di fatto oltre la metà della riduzione di gas a effetto serra prevista dalle misure europee verrebbe sostituita da rialzi equivalenti delle emissioni dei paesi terzi, che aumenteranno le loro esportazioni per coprire il fabbisogno alimentare dei cittadini dell’Unione.

 

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