Non vanno più così di moda gli “orange wines” ed è proprio per questo che ho ricominciato a berne tanti. In fondo sono dei bianchi fatti come dei rossi, ma senza essere “wanna be”. Sono vini a sé, complicati da incasellare e da bere, ma forse anche i più buoni del mondo (quando sono ben fatti).
Con Zidarich siamo dalle parti del Carso, che è Italia più per caso che per storia. A queste latitudini nacquero molti anni fa i primi “macerati italiani” ed è qui che ancora sanno farli, davvero. È proprio il caso di questo Vitovska, una 2018 con un potenziale di invecchiamento da disco dei Rolling Stones (o dei Beatles, dipende da che parte state).
Un naso che porta al mare, che sa di Mediterraneo (anche se distante), salmastro e minerale. In bocca intensità meravigliosa che non si fa mai supponenza e un finale drammaticamente lungo, sapido e sensualissimo. Un vino per spiegare le macerazioni ben fatte a chi non le conosce e per rispiegarle a chi le fa male. In questa Vitovska l’estrazione dalle bucce non è un plus per dare carattere ma un accento per fare risuonare meglio una maestosa (eno)personalità.
Un vino semplice, poetico, campestre, che se fosse una canzone sarebbe solo per voce e chitarra. Un po’ come questo pezzo meraviglioso di Big Thief, dal titolo ovviamente di “Orange“.
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