Un’etichetta che indichi il grado di benessere animale delle mucche da latte. Questa la proposta di Compassion in World Farming (Ciwf), associazione per il benessere e protezione animali da allevamento, e Legambiente. Un progetto che renderebbe i consumatori più consapevoli sui metodi di allevamento.
Allevamento, una nuova etichetta indica il grado di “benessere” delle mucche da latte
Siamo già abituati a etichette originali. Ci sono quelle “parlanti”, che raccontano la storia e la filiera dei prodotti e adesso arrivano quelle che guardano al benessere degli animali. Secondo Legambiente e Ciwf rendere consapevoli i consumatori sui metodi di allevamento scoraggerebbe le pratiche intensive. Inoltre i cittadini diventerebbero protagonisti delle transizioni verso sistemi più sostenibili.
La catalogazione avverrebbe secondo i criteri esposti in una tabella. Sarebbero sei i “metodi” con cui identificare con facilità i diversi allevamenti sui prodotti derivati. La tabella offre in pratica una possibilità di crescita agli allevatori e di scelta ai consumatori.
Il metodo
Un sistema semplice, che usa i colori in etichetta. Si va dal verde per il biologico al nero per l’intensivo. In mezzo si attraversano pascolo, pascolo 4 mesi, stabulazione libera (la mucca vive libera), stabulazione fissa (la mucca vive legata). Il principio base è molto chiaro: una mucca che vive sana e in un ambiente consono al suo sviluppo, avrà una vita migliore e produrrà latte migliore.
Per questo motivo Ciwf e Legambiente ritengono necessaria “un’etichettatura volontaria, univoca e nazionale, che renda i consumatori più partecipi e consapevoli delle scelte alimentari quotidiane” permettendo “un contatto con quello che avviene all’inizio della filiera, con l’animale che ha prodotto il nostro cibo”.
Gli ideatori, in un evento online auspicano che “il prossimo Governo, attraverso i ministeri delle Politiche Agricole e della Salute, e Accredia (ente unico nazionale di accreditamento), operi con maggiore trasparenza rispetto ai precedenti, coinvolgendo pienamente la società civile, e quindi i consumatori, nella creazione degli standard nazionali di certificazione del benessere animale”.
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