Marinetti e i suoi seguaci enfatizzavano una connessione diretta tra alimentazione e la capacità creativa e produttiva dell’individuo, e si opponevano all’inerzia mentale che attribuivano all’eccessivo consumo di carboidrati semplici come la pastasciutta, promuovendo piuttosto cibi che stimolassero energia, creatività e vitalità. Una provocazione? Se sì, l’Aperitivo Futurista l’ha raccolta, provando a immergersi in quella tradizione per ricordare un diverso modo di pensare il rapporto tra cibo, corpo e mente, preconizzando una fusione tra arte e vita quotidiana. Se il Manifesto sottolineava la necessità di sperimentare con nuove forme e texture, e di abbracciare la collaborazione tra scienziati e cuochi per creare esperienze culinarie che fossero al contempo nutrienti e artisticamente stimolanti, l’Aperitivo Futurista ne è stata prassi fuori dalla cifra del tempo.
L’aperitivo futurista è stato al centro del finissage della mostra Futurista che si è chiusa a Matera da qualche giorno. Iniziativa ideata da Anna Maria Mauro, direttore del Museo Nazionale di Matera che si è avvalso di Mikaela Bandini e dell’agenzia “Can’t Forget Italy” per le attività di promozione. lo chef Domenico Paolicelli ha curato la realizzazione del menù.
Il percorso dell’Aperitivo futurista non è soltanto un iter percettivo e sensoriale: lo dimostra la caparbia volontà di stressare i termini di prodotti e degustazioni. I cocktail diventano “polibibite” ed ognuno di loro promette una sapienza esperienzale unica, passando dalla “paceinletto” – polibibita soporifera – alla “guerrainletto”, quasi pozione mistica da sorbire la cui promessa non c’è bisogno di esplicitare. Una forzatura del linguaggio, con un composito Glossario, utile a riappropriarsi anche della necessaria dimensione “onomatopeica”, sentimento molto radicato dell’essenza futurista. Così il “barman” torna a vestire i panni del mescitore, il menù si ricalibra in forma di “lista vivande” e il pureè torna a essere quel che realmente è: una poltiglia di patate.
L’evento, al di là della sua evidente cifra simbolica, è un viaggio attraverso i sapori, i colori ed i tessuti del cibo, per consentire ai visitatori l’opportunità di sperimentare una varietà di cocktail eccentrici, ispirati alle polibibite futuriste, e di assaporare i “bocconi simultaneisti e cangianti” – un assortimento di finger food che sfida le convenzioni culinarie attraverso abbinamenti insoliti di ingredienti, texture e colori.
Per le due sessioni dell’Aperitivo che s’è celebrato a Palazzo Lanfranchi, il percorso futurista ha imboccato una doverosa “deriva” territoriale. Così, nella lista degli aperitivi spicca la “Giostra d’alcol”, composizione di Aglianico, Campari, sugo di agrumi , accompagnato da una garnish di formaggio con punte di cioccolato amaro. Anche le “portate”, letteralmente servite a mano, sono l’eco di una tradizione quasi paleostorica. Bando al carboidrato con le sfoglie croccanti ripiene di morbida ricotta tartufata, per poi passare a sorbire un delicato minestrone alla maniera futurista: verdurine candite e frutta in agrodolce con crema di acqua di cavolo rosso. Alcune portate, vengono servite sul dorso o sul palmo della mano per individualizzare l’esperienza del gusto.
È uno sguardo al passato in un’ottica contemporanea. Perché il Manifesto, e il movimento che ne derivò, mirava a rifondare completamente il rapporto degli italiani con il cibo. L’Aperitivo Futurista, in punta d’ironia, ha provato a fare altrettanto. In fondo, il Futurismo non cercava semplicemente di modificare la dieta italiana ma aspirava a trasformare il modo in cui la società percepisce la funzione e il significato del cibo e dell’alimentazione. L’Aperitivo Futurista è stato una manifestazione pratica di questi principi, una celebrazione che non si limita a guardare indietro alla tradizione futurista, ma aspira a incarnarne lo spirito originale e innovativo
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