“Fico” è il parco agroalimentare italiano più grande d’Italia nato nel 2017 a Bologna. L’emergenza sanitaria causata dal Covid-19 ha però imposto una chiusura forzata che potrebbe essere efficace per ripensare al futuro di “Fico”. Si è deciso infatti di chiudere per valorizzare gli spazi ripensando alla loro fruizione da parte del pubblico, costruendo un parco divertimenti e realizzando un restyling generale. Tutti lavori questi che si protrarranno fino alla primavera del 2021.
“Fico” è u n progetto portato avanti con molta euforia sulla scia di Expo 2015. L’intento fu quello di intervenire sulle ceneri del polo logistico del Centro Agroalimentare Bologna, un ampio spazio rimasto inutilizzato dagli anni ’90. Nacque così l’idea di proporre a Oscar Farinetti di occuparsi del progetto dopo il grande successo di Eataly da lui creato, con la partecipazione di Coop Italia.
L’idea del Luna Farm, il parco divertimenti a tema
Il bilancio del 2019 però venne chiuso con una perdita di oltre 3,1 milioni e l’intero polo ha faticato più del previsto ad attrarre visitatori anche per la logistica dei trasporti mai affrontata in modo adeguato. Il piano di rilancio ha previsto di trasformare 6.500 metri quadri della struttura in un parco divertimenti, il Luna Farm, investendo 11 milioni di euro in collaborazione con il gruppo Zamperla (il famoso gruppo specializzato nella realizzazione di giostre per parchi a tema che ha realizzato anche il restyling dello storico Coney Island).
Nel progetto c’è la creazione di attrazioni tematiche come la monorotaia sospesa da percorrere a bordo di una gallina, una ruota del mulino panoramica e il recinto dei tori per le macchine a scontro, una opportunità di attrarre le famiglie con bambini e di aumentare il tempo di permanenza nel parco per renderlo più chiaro nella sua identità.
La user experience da “Fico”
Il parco oggi ha al suo interno una grande pista ciclabile e una navetta per i trasporti dei visitatori, molte le fabbriche vere e proprie, come quella di Granarolo con aree didattiche e i recinti delle vacche all’esterno pensate per comprendere al meglio il sistema della filiera dei prodotti lattiero caseari, o ancora la tartufaia ricreata da Urbana Tartufi per capire da dove arrivano i piccoli grandi tesori della terra.
C’è anche il pastificio di Giuseppe Di Martino che qui ha uno store di vendita e un ristorante, oltre alla divulgazione di come si realizza la pasta dal chicco di grano alla commercializzazione. Si testano anche i nuovi formati da immettere sul mercato. Il tema quindi è incentrato sulla didattica, con vari spazi adibiti a frutteti della biodiversità, coltivazioni biodinamiche, orti, uliveti e vigne.
Ci sono anche varie arnie e piccoli campi per animali da fattoria, molte aree dedicate ai congressi che hanno sempre attirato pubblico organizzando show cooking, meeting aziendali o eventi e si progetta anche la costruzione del primo Museo della gastronomia italiana. Molti i ristoranti e gli store tra i quali si contano almeno 150 aziende partecipanti che sono in attesa di un rilancio che possa essere efficace. Il primo mattone per il grande rilancio, però, sembra già essere stato posizionato: tutte le persone che lavorano per Fico hanno mantenuto la propria posizione lavorativa anche in questo momento di profonda crisi.
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