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Nuovo Dpcm, ristoranti chiusi a Natale e Santo Stefano: le ipotesi del governo
28 Nov 2020 14:07

Ci si prepara al nuovo Dpcm, che dovrebbe entrare in vigore dal 4 dicembre. Tra le ipotesi del governo c’è quella di blindare le Feste con ristoranti chiusi a Natale e Santo Stefano – e non solo –, per limitare i contagi di Coronavirus.

Nuovo Dpcm, ristoranti chiusi a Natale e Santo Stefano

Non ci sono ancora certezze sulle misure, ma sembra che ci si muova nelle direzione delle chiusure di bar e ristorante per le Feste. Nel mirino ci sono il 25 e il 26 dicembre, proprio perché Natale e Santo Stefano sono i giorni di maggiore affluenza per i ristoranti. Una misura che limiterebbe notevolmente le possibilità di contagio.

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Tra le misure che con tutta probabilità verranno inserite nel provvedimento, ci sono anche il coprifuoco alle 22 alla vigilia di Natale e di Capodanno e le Regioni blindate. Riservati, quindi, solo ai residenti gli spostamenti tra le Regioni, bar e ristoranti chiusi alle 18, orari prolungati per i negozi per evitare assembramenti ma con coprifuoco rigido alle 22.

Le ipotesi del governo per il nuovo Dpcm

Il premier Giuseppe Conte sembra intenzionato a salvare l’economia in un periodo cruciale come quello natalizio. Se da un lato si concedono orari prolungati ai negozi per permettere gli acquisti in sicurezza, dall’altro si precisa che non si tratta di un “liberi tutti”. L’allerta, quindi, rimane sempre alta.

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Le decisioni non sono ancora state prese in maniera definitiva, anche perché le opinioni su alcune delle norme divergono: un nuovo passaggio sarà fatto con il Cts e con le Regioni, oltre che nel governo. Ma al termine di un vertice fiume del premier Giuseppe Conte con i capi delegazione di maggioranza, venerdì sera, sembra prevalere la linea di chi vuole blindare il Natale, per limitare i rischi di una terza ondata.

Si ipotizzano ad esempio limiti nelle persone che potranno partecipare al cenone di Natale in casa, con forse un massimo imposto di 6-8 parenti riuniti intorno a un tavolo. E allo stesso modo, forse, si chiuderanno i ristoranti sia a pranzo che a cena il 25 e il 26 dicembre, quantomeno nelle zone con un indice di contagio maggiore.

L’Italia rimane divisa tra zona rossa, arancione e gialla

E’ deciso invece che il dpcm che sarà in vigore dal 4 dicembre confermerà la divisione del Paese in zone rossa, arancione e gialla. Ma la consapevolezza è che, se la curva dei contagi proseguirà il suo trend, a metà dicembre tutta l’Italia sarà gialla.

Crack senza precedenti per la ristorazione, fatturato dimezzato

Il taglio delle spese di fine anno a tavola rischia di dare il colpo di grazia ai consumi alimentari degli italiani. Nel 2020 infatti si registra il minimo da almeno dieci anni. Un crack senza precedenti per la ristorazione che dimezza il fatturato (-48%). La perdita complessiva è di quasi 41 miliardi di euro nel 2020. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti su dati Ismea sull’impatto della nuova ordinanza del ministro della Salute Roberto Speranza che entra in vigore domenica 29 novembre.

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A preoccupare, però, è anche il nuovo Dpcm per l’ipotesi di chiusura di tutti i bar e ristoranti alle 18 per Natale e Santo Stefano, che rappresentano tradizionalmente per molti italiani una occasione per mangiare fuori.

Zone gialle, rosse e arancioni: come funziona

Le ultime riaperture per la ristorazione riguardano solamente le strutture presenti in Sicilia (oltre 23mila) e Liguria (quasi 13mila) che diventano zone gialle. Qui comunque le attività di ristorazione (bar, pub, ristoranti, gelaterie, pasticcerie) sono consentite solo dalle ore 5,00 alle 18,00 con la possibilità sempre della consegna a domicilio, nonché fino alle ore 22 della ristorazione con asporto.

Nelle zone critiche (arancioni e rosse) è invece consentita la sola consegna a domicilio, nonché fino alle ore 22 la ristorazione con asporto, con divieto di consumazione sul posto o nelle vicinanze dei locali.

Nonostante i cambi di colore in Italia – sottolinea la Coldiretti – restano chiusi 2 bar, ristoranti, pizzerie e agriturismi su 3. Il totale di attività che si trovano nelle zone rosse e arancioni ammonta a oltre 215mila. Qui, ricordiamo, è proibita qualsiasi attività al tavolo, con un drammatico impatto su economia ed occupazione.

Gli effetti della chiusura sulla filiera della ristorazione

Gli effetti della chiusura delle attività di ristorazione – continua la Coldiretti – si fanno sentire a cascata sull’intera filiera agroalimentare con disdette di ordini per le forniture di molti prodotti agroalimentari, dal vino all’olio, dalla carne al pesce, dalla frutta alla verdura ma anche su salumi e formaggi di alta qualità che trovano nel consumo fuori casa un importante mercato di sbocco.

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In alcuni settori come quello ittico e vitivinicolo la ristorazione rappresenta addirittura il principale canale di commercializzazione per fatturato. Le limitazioni alle attività di impresa – sostiene la Coldiretti – devono dunque prevedere un adeguato e immediato sostegno economico lungo tutta la filiera per salvare l’economia e l’occupazione.

Nelle regioni dove si registrano scenari di elevata o massima gravità – continua la Coldiretti – sono sospese tutte le attività di ristorazione e, quindi, anche la somministrazione di pasti e bevande da parte dei quasi 19mila agriturismi (quasi l’80% del totale) presenti in queste aree.

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Non è un caso che appena lo 0,3% dei 66.781 casi di infortunio da Covid-19 registrate dall’Inail in Italia riguarda l’agricoltura dove peraltro i mesi estivi e autunnali sono i più attivi con la raccolta di frutta, ortaggi, olio e la vendemmia.

Immagine di copertina da Pixabay


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