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Gli chef stellati di Roma ripartono… dagli italiani: “Ma i clienti nordamericani ci mancano”
03 Lug 2020 17:11

Il settore dell’alta ristorazione scalda i motori per la ripartenza dopo lo stop imposto dal lockdown. Se da un lato c’è tanta voglia di scendere nuovamente in campo, dall’altra sono i clienti a giocare un ruolo fondamentale per la ripresa delle attività, soprattutto per la ristorazione stellata.

Lo chef Giuseppe Di Iorio, del ristorante stellato Aroma, nella Capitale, lancia un appello. Durante il lockdown, ha raccontato, «abbiamo venduto diversi risto-bond, con cene per due a prezzo scontato, che ci hanno aiutato molto nei giorni immediatamente dopo la riapertura. Ma ora serve un’ondata di turisti internazionali che nell’alta cucina trovano un motivo di viaggio ad hoc in Italia. Finora coi cinesi e russi abbiamo lavorato poco, bene gli arrivi dal Nord Europa ma ci mancano, e servono a tutto il settore ristorazione, i nordamericani» ha sottolineato Di Iorio, sperando in una riapertura delle frontiere ai viaggiatori Usa in autunno.

Quando si arriva ad alti livelli, in ogni settore, la creatività non può mancare. A volte basta semplicemente trovare il modo di girare a proprio vantaggio le situazioni che si presentano. «Ci mancano gli americani – continua lo chef Di Iorio – ma, lavorando ora più con gli italiani, abbiamo messo in campo nuovi servizi, personalizzati per un’accoglienza taylor made e proposte vini sempre più attente ai territori di qualità».

Un’occasione per coccolare di più il cliente, andando incontro alle sue esigenze, con tutte le differenze del caso. «Gli stranieri – spiega lo chef stellato ad Ansa – amano prenotare un tavolo sulla nostra terrazza con vista Colosseo al tramonto, nel tardo pomeriggio. Gli italiani cenano invece più tardi, a volte anche in seconda serata».

La Capitale, quindi, non si ferma e offre sempre nuove occasioni a cui anche lo chef Di Iorio ha partecipato. «In questi giorni – dice – ho ospitato il primo appuntamento conviviale per il Consorzio del Parmigiano Reggiano, un meeting in presenza con piatti pensati ad hoc, non tavole virtuali». Ma non è il solo. «Beck – continua – ha riaperto il primo luglio e Viglietti sta scaldando i motori per la prossima settimana. Tuttavia, nella Capitale, non tutti gli hotel hanno dato il via alle prenotazioni, ma c’è voglia tra gli italiani, per il caldo ma anche per superare lo spirito della quarantena, di cenare fuori e di festeggiarsi con una cena di livello».

A partire immediatamente dopo il lockdown è stato lo chef-imprenditore Giulio Terrinoni – una stella Michelin a «Per me» -, che invece punta di più sulla clientela italiana. «Festeggio i primi cinque anni da quando mi sono messo in proprio – ho detto lo chef 45enne – scegliendo un ristorante al centro, tra Via Giulia e Campo dè Fiori, dopo i tanti anni condivisi con una famiglia di grande esperienza nella ristorazione, i Troiani, all’Acquolina, anche lì subito premiato dalla stella Michelin. La mia fortuna è lavorare da sempre con gli italiani, e con clienti che qui si sentono a casa. Nella mia cucina ingredienti ricchi come gli scampi e il foie gras non sarebbero così equilibrati senza un prodotto povero come la cipolla di Tropea. Rivolgersi a una clientela nazionale significa dialogare e stupire su regionalismi e storia della gastronomia italiana, con un bouquet di aromi che sanno raccontare la stagionalità a partire da un piatto come le rinomate tagliatelle di seppia, agretti, pesce e senape».


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